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Le nuove femministe tradiscono le femmine

di Ginevra Leganza sabato 9 marzo 2024

3' di lettura

Dopo carnevale, sbocciano le mimose. Ed è festa grande l’Otto marzo. Come ogni anno sempre più grande, a maggior ragione inclusiva giacché è festa della Donna, ma pure festa di tutti. Ops! Festa “di tutte e tutti”. Ed ecco. È la parata trans-femminista che al carnevale davvero assomiglia. Perché dopo il carnevale, appunto, pure l’Otto marzo è diventato un giorno dove ci si mescola in un seducente pasticcio di sessi. In un mélange di maschere e volti che mette insieme femminismo e pacifismo, ambientalismo e antispecismo. Fave e foglie del conformismo. Ma soprattutto, femmine e femminielli.

Ma ricapitoliamo. L’Otto marzo, si sa, è ormai da anni una cosa non di femmine ma di “trans-femmine”. E quindi, non solo donne! Sotto il prefisso “trans” s’è mosso infatti lo sciopero globale cui ieri aderiva Nonunadimeno, il più importante movimento anti patriarcale degli ultimi anni, che sta a indicare un insieme di femmine – “la sorellanza” – che se non sono biologicamente femmine è meglio; che se sono un po’ trans, un po’ queer, un po’ maschie o neo freak, tanto meglio ancora. Portano ricchezza. Non solo donne, diremmo quindi se fossimo brand manager, ma pure omoni (purché crossdressed).

«Riconosciamo che ci sono donne», scrive il sito Nonunadimeno, «che fatichiamo a chiamare femministe, donne che fissano le donne nella loro presunta essenza biologica». Di contro, «Nonunadimeno non ha mai praticato un femminismo essenzialista, perché sin da subito è stato animato dalle lotte portate avanti dalle donne insieme alle persone LGBTQIA+».

Quindi, vediamo se abbiamo inteso. Le ragazze del movimento che ieri, a Roma, erano al Circo Massimo e a Milano imbrattavano i cartelli pubblicitari di Armani, dicono che ci son donne che in quanto donne sono meno donne delle altre. Donne essenzialiste o “finte sorelle bianche occidentali”. Insomma signore che – convinte d’esser femmine, null’altro femmine – sono tutto sommato anti femmine (che manicomio!).

Esistono perciò sorelle meno sorelle delle altre. Femmine meno femmine delle trans-femmine. Vuoi perché – vox populi vox dei – il femminiello è più femmina della femmina (e al popolo tocca credere sempre); vuoi perché, oggi, la femmina – non meno in crisi del maschio – anziché rivendicare la differenza, e cioè l’essere donna e null’altro, mischia la lotta all’istinto carnascialesco. Talché non sa più bene cos’è, chi è, perché... E invece che ricalcare la specificità del suo corpo, preferisce disarticolarlo in mille altri corpi (queer, affascinanti, simpatici, epperò tutto fuorché femminili); invece che ristabilire “il privilegio della vicinanza col corpo materno”, come scriveva nei Novanta la filosofa femminista Luisa Muraro, si batte oggi per l’aborto come diritto costituzionale. E cioè si batte non per dare la vita ma la morte – sia pure contro la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che, come ha ricordato Giuliano Ferrara sul Foglio, decreta la vita primo diritto dell’individuo.

Non femmine, quindi, ma trans-femmine. Non mamme ma mammozzoni. E poi dicono: il maschio in crisi. Vabbè. Nel frattempo, però, s’è capito che se nel calendario liturgico c’è Ognissanti (primo novembre), in quello laicista abbiamo Ognissesso (Otto marzo). La festa d’ogni-donna e di chicchessia. Ossia la festa di chi combatte il mondo color bianco-etero. In quota queer, trans, animale, financo vegetale. Tutto fuorché femminile, tutto fuorché Donna.

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