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Roberto Nada: "Bayesian affondato come il Titanic", l'analisi

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Claudia Osmetti
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«In un affondamento di quel tipo, sottocoperta sarà successo il finimondo». Roberto Nada è il direttore della Riviera Sailing Accademy, una delle più prestigiose scuole di vela di Genova. È uno preciso, Nada, uno abituato a stare in mare aperto e, proprio per questo, uno che non parla a vanvera. Dopo il disastro della Bayesian, la barca affondata al Porticello (Palermo), lunedì prima dell’alba, e che ha trascinato a picco con sè la vita di sei persone, s’è messo a studiare. Ha letto i resoconti, si è documentato circa le caratteristiche di questo superyacht da record, ne ha parlato con altri skipper. «Tutto ciò che possiamo fare al momento sono delle ipotesi», dice a Libero, «ma per le informazioni che abbiamo possono essere ipotesi credibili».

Nada, la domanda da un milione di dollari (dato che ancora si capisce poco): cosa è successo quella maledetta notte?

«Probabilmente, visto l’evento di quell’intensità, e a maggior ragione su una barca così grande, è verosimile che la forza del vento e dell’onda combinata abbia fatto incrinare la barca a tal punto che si è verificato un ingresso di acqua nello scafo e, di conseguenza, il capovolgimento della barca stessa. A questo, purtroppo, è seguito l’affondamento».

 

 



Partiamo dal vento? Ma è normale un tornado del genere nel Mediterraneo?

«Faccia presente che fenomeni meteorologici estremi come questo, purtroppo, stanno diventando sempre più frequenti anche qui da noi. Sono tipici delle zone tropicali, dove appunto ci sono gli uragani, ma negli ultimi anni li abbiamo visti anche nel Mediterraneo. Nell’ultima settimana c’è stata la catastrofe di barche finite sugli scogli alle Baleari, è successo all’isola d’Elba e, adesso, a Palermo. Però non è vero che sono situazioni impreviste o imprevedibili».

In che senso, scusi?

«Arrivano a colpire con pochissimo preavviso, sì. Ma magari una zona di poche centinaia di metri. E lì si scatena l’inferno. Una forza del genere può anche far sì che una vela chiusa si apra».

La Bayesian era ancorata in rada, ha influito?

«Questa barca Perini (è stata costruita nell’omonimo cantiere di Viareggio nel 2008, ndr) aveva una chiglia retaribile per permettere all’equipaggio di ormeggiare in posti dove c’è poca profondità. È molto probabile che, per andare a dare l’àncora, avessero tirato su la chiglia, quindi la barca era già instabile».

È per questo che non è stato possibile governarla?

«Immagini. Arriva un vento fortissimo che può addirittura aver aperto la vela. La barca si incrina, l’albero tocca l’acqua orizzontamente. A questo punto, se fosse in navigazione avrebbe tutti gli oblò chiusi, tutto sarebbe sigillato perché è in mezzo alla tempesta. Qui, invece, è in rada, magari dopo una festa, avranno avuto tutto quanto aperto. Allora cosa avviene? L’acqua inizia a entrare dentro, un po’ come il Titanic. E la barca si destabilizza ancora di più e affonda».

Mi sta venendo la pelle d’oca. Non si poteva fare nulla?

«Quello che noi insegniamo, e che ci viene insegnato, è che quando si sa, quando si percepisce che sta arrivando un temporale violento di questo tipo, conviene affrontarlo in navigazione al largo».

Cioè uscire dal porto?

«Col motore acceso la barca si difende molto meglio. In navigazione vuol dire che c’è un equipaggio che sta manovrando, un comandante che sta gestendo la situazione. Guardi la barca accanto».

Infatti a loro non è successo niente. Anzi, hanno prestato subito soccorso. Come mai?

«Anche se nel cuore della notte avevano percepito che stesse arrivando qualcosa di pericoloso e avevano il motore acceso, cioè stavano contrastando la forza del vento. Non facciamo polemiche che non servono a nessuno e aspettiamo l’esito della procura che ha aperto un’indagine, ma sembra che su questa imbarcazione siano stati tutti colti alla sprovvista. Andare in mare è come andare in montagna, bisogna sempre seguire i bollettini meteo ed essere informati».

 

 

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