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Bimbi in gita in moschea ma processiamo la destra

La sinistra invoca una società laica, ma applaude chi indossando un velo trascina i bambini a pregare in moschea. E la sottomissione è servita
di Lorenzo Mottola giovedì 8 maggio 2025

2' di lettura

C’è grande indignazione dalle parti di Repubblica per la “canea sinceramente inascoltabile” che “in nome di presunti valori cristiani” da giorni “la destra sta alzando” contro l’iniziativa della scuola materna Santa Maria delle Vittorie nella diocesi di Vittorio Veneto. Per chi si fosse perso qualche puntata, parliamo dell’asilo cattolico portato al centro del dibattito nazionale da alcuni articoli di Fabio Rubini su Libero, ovvero dell’istituto che ha spedito dei bambini a visitare la moschea di Susegana. Una gita culminata con un momento di preghiera sotto la guida esperta di un imam e per questo criticata da molti, e tra questi anche dal governatore Luca Zaia: «Abbiamo superato il limite».

«Non riesco a immaginare una cosa più educativa di questa», ha invece replicato nel suo podcast la primapenna del gruppo Gedi Annalisa Cuzzocrea, la quale ha riproposto il resoconto delle educatrici, secondo cui alcuni piccoli «ognuno a proprio modo» si sarebbero «spontaneamente seduti a terra» e sempre con grande spontaneità si sarebbero rivolti – ripetiamo, bambini di cinque anni al massimo – verso la Mecca. Ora, il primo problema è che il racconto proposto da Repubblica fa semplicemente a schiaffi con la realtà. La foto pubblicata dal Messaggero Veneto e ripresa poi da Libero mostra chiaramente un gruppo di bimbi che, alla maniera dei musulmani, prega con la faccia sul pavimento: che ciò sia avvenuto “spontaneamente” fa semplicemente ridere. «Tutti insieme hanno pregato per la pace», hanno spiegato le maestre.

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Una puntualizzazione abbastanza inutile: non siamo nei tunnel di Gaza e nessun imam avrebbe scelto i versetti del Corano che invitano alla guerra santa contro gli “infedeli”. La verità – e questo è il secondo problema - è che i piccoli sono stati di fatto costretti a scimmiottare le abitudini dei fedeli islamici in nome di una distorta idea di integrazione. Repubblica dice di non comprendere quale sia il nodo di tutta questa storia. O forse finge di non comprendere. Non sono molti nel 2025 gli italiani che – battute a parte – pensano che sarebbe corretto, educativo o produttivo costringere gli alunni di religioni diverse a sedersi in chiesa e pregare a mani giunte verso l’altare.

Facile immaginare che qualche famiglia islamica se ne risentirebbe anche. Diventa molto difficile capire quindi perché qualcuno possa ritenere salutare imporre l’opposto ai cristiani e perché questo dovrebbe rappresentare un passo avanti verso una società più aperta e tollerante nei confronti delle diverse confessioni. Non è certo integrazione, stiamo solo testando su dei bambini un modello di convivenza molto poco lungimirante. Senza parlare dell’evidente contraddittorietà dell’atteggiamento della sinistra rispetto a questi esperimenti: invoca una società laica, ma applaude chi indossando un velo trascina i bambini a pregare in moschea. E la sottomissione è servita.

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