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Garlasco, "la foto dell'impronta di Sempio che può cambiare l'inchiesta"

Pasquale Linarelli, uno dei consulenti del pool di Stasi: "L’immagine scattata prima dei rilievi può confermare che c’era sangue sulla traccia, la stiamo cercando. Alla procura chiediamo di fare l’esame del Dna sulla porta d’ingresso: sarebbe la firma del killer o la conferma che c’erano più persone"
di Alessandro Dell'Orto sabato 24 maggio 2025

3' di lettura

Pasquale Linarello, lei è responsabile della Sezione Genetica Forense del Laboratorio Eurofins Genoma di Milano e di Roma e fa parte - insieme con gli alti periti Ugo Ricci e Oscar Ghizzoni - del pool difensivo di Alberto Stasi. Proviamo a fare chiarezza sulle impronte trovate in casa Poggi.

«La settimana prossima verrà presentata una relazione alla Procura di Pavia, a firma del dottor Oscar Ghizzoni, consulente dattiloscopico, per chiedere approfondimenti sulle impronte, in particolare sulla “33” e sulla “10”».

Partiamo dalla “33”, quella trovata sul muro vicino al corpo di Chiara Poggi, che una consulenza dei pubblici ministeri attribuisce al nuovo indagato Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. 
«Si può lavorare su una parte di questa impronta, che venne asportata dal muro grattando l’intonaco con un bisturi sterile».
Nel 2007, però, i test ematici diedero già due risultati. «La traccia è stata testata con il conbur test (che serve per chiarire se c’è sangue in generale, ndr) che ha fornito esito dubbio e con l’OBTI test (che serve per capire se c’è sangue umano, ndr) che ha fornito esito negativo», fu scritto nella relazione. 
«Già il fatto che i Ris concentrarono le attenzioni su quell’impronta, tra le tante trovate sul muro delle scale della villetta, significa che erano stati incuriositi da qualcosa. C’era un alone o un qualche altro elemento che ha indotto gli investigatori a fare il test del sangue, ma il problema è che non abbiamo fotografie, nella relazione del Ris, dello stato del muro prima del trattamento per esaltare le impronte, per capire se c’erano aloni o macchie rosse».
Nella famosa foto c’è una didascalia in cui viene spiegato: «Dettaglio della traccia classificata 33 evidenziata tramite trattamento con ninidrina». Che è un reagente usato per far esaltare le impronte “latenti” sulla parete e che colora di rosso la traccia. 
«Appunto, l’impronta è stata così reattiva alla ninidrina perché forse c’era del sangue: c’è una parte della traccia molto più rossa, che è quella cerchiata nella relazione, che è stata asportata per fare ulteriori analisi, ma va considerato anche che la ninidrina inibisce il sangue. Sarebbe interessante trovare una fotografia del muro con quella traccia prima che venisse trattata: la stiamo cercando tra le oltre 500 a disposizione, perché anche solo un’immagine potrebbe far capire molte cose».
Di fatto, secondo voi, si potrebbero trovare tracce di sangue sull’impronta. Ma perché verrebbero evidenziate oggi se allora non furono trovate? 
«Sono passati 18 anni e nel frattempo sono cambiate molte cose: ora ci sono strumenti più potenti e sensibili al Dna perché è cambiata la chimica dei reagenti, anch’essi più sensibili».
Il vostro obiettivo adesso quale è? 
«Capire se la traccia è da attribuire solo a Sempio o se sia mista Sempio-Chiara Poggi».
In quest’ultimo caso significherebbe che quell’impronta, se fosse mista al sangue della vittima, non può risalire a tempo prima, come tentano di spiegare l’indagato e i suoi avvocati. 
«Sì, e per questo noi chiederemo di esaminare, se possibile, anche le parti della traccia non analizzate, quelle asportate dal muro, che magari sono state conservate presso il Ris, oppure di analizzare ciò che rimane di quella traccia “33”».
L’altra impronta - che secondo la procura sicuramente non è di Sempio, né degli amici della compagnia di Sempio, dei familiari di Chiara o delle gemelle Stefania e Paola Cappa - per la quale chiedete ulteriori analisi è la numero “10”, quella sul portone all’interno dell’abitazione, che sarà anche lei al centro dell’incidente probatorio. 
«Il sangue, che è verosimilmente di Chiara Poggi, ha fatto “da inchiostro” evidenziando un’impronta sulla parte interna della porta d’ingresso della casa. Su questo elemento, però, non sono mai state fatte ulteriori analisi per capire se sotto c’è del Dna e se l’eventuale Dna è maschile o femminile. E, ancora, se appartiene a qualcuno che frequentava la casa oppure no. Se oltre al sangue di Chiara ci fosse il Dna di qualcuno, quella sarebbe la firma dell’assassino. O meglio, la certezza che sulla scena del crimine c’erano più soggetti».

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