"Ciò che di questa vicenda (la riapertura del caso, ndr) mi inquieta è l’incapacità di accettare che una certa dose di incertezza sia intrinseca al concetto di giustizia". A dirlo, senza mezzi termini, è niente di meno Giampietro Lago. Intervenuto sull'omicidio di Garlasco, le cui indagini sono ripartite, l'ex comandante dei Ris di Parma premette di non voler entrare nel merito della vicenda, ma "posso dire con assoluta pienezza che tutte le opportunità di difesa dell’allora indagato, Alberto Stasi, sono state onorate, in tutti i gradi di giudizio".
Insomma, "la verità processuale ha permesso di stabilire che, oltre ogni ragionevole dubbio, era colpevole. Una traccia, biologica o di altra natura, nell’economia dell’indagine può essere dirompente ma può anche non significare nulla: dipende dal contesto. È possibile e doveroso approfondire e contestualizzare. Le nuove attività sono integrazioni, non cancellano tout court indagini preliminari, attività tecniche, perizie, testimonianze, contraddittori, sentenze già avvenute".
Per il biologo 61enne "non si tratta di essere a favore o contro qualcuno, si tratta di acquisire nel modo più rigoroso possibile nuove informazioni coerenti e, solo a posteriori, valutare se queste novità si confermino tali e siano significative. Se sì, queste potranno integrare l’attuale stato delle cose o avere addirittura la forza di ribaltarlo". Parole, quelle rilasciate sulle colonne del Corriere della Sera, che sembrano smontare il nuovo filone che vede Andrea Sempio indagato. E, in particolare, quella traccia numero 33 a lui ricondotta. Una traccia su cui non è certo ci fosse del sangue.