La guerra all’Austria e gli imperdonabili errori in Adriatico

Le conseguenze della disastrosa scelta del 23 maggio 1915: dalle Marche a Venezia, bilancio devastante
di Sergio De Benedettimartedì 27 maggio 2025
La guerra all’Austria e gli imperdonabili errori in Adriatico
2' di lettura

Su disposizione del Presidente del Consiglio Antonio Salandra (1853-1931), il pomeriggio del 23 maggio 1915 l’Ambasciatore italiano a Vienna, Giuseppe Avarna di Gualtieri (1843-1916), consegnava la Dichiarazione di Guerra dell’Italia verso l’Impero Austro-Ungarico di Francesco Giuseppe. Il giorno dopo, alle prime luci dell’alba, un nutrito spiegamento navale austriaco iniziò a bombardare la costa adriatica dell’Italia, impreparata chissà mai perché a questa eventualità.

I danni furono notevoli, soprattutto nelle Marche in generale e nella città di Ancona in particolare dove, forse per errore, venne lesionata la cupola della Cattedrale di San Ciriaco e completamente distrutta la Cappella del Sacramento. Puntando poi verso lo smantellamento dei Cantieri Navali e delle officine industriali, dalla nave ammiraglia Habsburg vennero lanciati siluri e proietttili di grosso calibro contro le banchine del porto dopo che due velivoli avevano segnalato gli obiettivi e non mancarono naturalmente gli effetti collaterali intorno al Porto stesso, quali il Palazzo della Banca d’Italia, l’Ospedale Militare, il Carcere, un Orfanotrofio e numerose case private. Poco distante poi, la corazzata Tegetthoff ed il cacciatorpediniere Velebit colpivano l’aeroporto di Falconara Marittima rendendolo inutilizzabile al pari della rete ferroviara e della statale Adriatica mentre due navi siluranti bombardavano anche Potenza Picena e Senigallia.

A sud intanto, il cacciatorpediniere Tatra bombardò la ferrovia nei pressi di Manfredonia mentre il Csepel centrò la stazione ferroviaria e l’incrociatore leggero Helgoland, con il supporto di quattro cacciatorpediniere, bombardava Barletta con gravi danni alla città compreso il Castello svevo ma trovando, finalmente, un notevole ostacolo nel nostro cacciatorpediniere Turbine comandato dal Capitano di Corvetta Luigi Bianchi (medaglia d’argento al Valor Militare), purtroppo e inevitabilmente considerate le forze soverchianti, affondato nelle acque a sud di Pelagosa dopo strenua resistenza. E non mancarono i problemi a nord oltre le Marche dove la Sankt Georg con due navi siluranti danneggiò il porto di Rimini e lo Streiter attaccò la Stazione di segnalazione di Misano mentre lo Scharfschütze colpì la base navale e le batterie costiere a Marina di Ravenna.

Idrovolanti austriaci infine, bombardarono Venezia creando panico tra la popolazione. Il bilancio fu devastante: tra militari e civili vi furono più di 100 morti, i cantieri navali di Ancona restarono fermi per oltre 12 mesi ma almeno l’Intesa degli Stati Occidentali, grazie all’Ammiraglio Paolo Thaon di Revel, effettuò un blocco navale in Adriatico all’altezza del Canale d’Otranto che gli Stati Centrali non riuscirono mai a debellare.