A Bolzano è stato eletto un sindaco di centrodestra. E ora in città arriva il Pride. Come prevedibile, da sinistra non hanno perso l’occasione per fare l’ennesima polemica sul nulla. Ci ha pensato, nello specifico, Aurora Floridia, senatrice dei Verdi – Alto Adige/Südtirol. «È un pessimo segnale», ha spiegato, «il mancato patrocinio al Gay Pride di Bolzano da parte del nuovo sindaco di centrodestra. Le istituzioni hanno il dovere di rappresentare e tutelare tutta la cittadinanza, promuovendo inclusione e rispetto. Scegliere di non concedere il patrocinio a una manifestazione che celebra i diritti civili e la libertà di espressione significa, di fatto, prestare il fianco a pregiudizi e discriminazioni». E ancora: «Il silenzio istituzionale non è mai neutro: comunica distanza, disinteresse o, peggio ancora, complicità.
Fa specie che questa decisione arrivi nei giorni in cui viene definitivamente approvato il decreto sicurezza, con norme orientate più a reprimere il dissenso e limitare i diritti fondamentali piuttosto che a garantire reale sicurezza». Andava avanti ancora, il sermone della senatrice, ma possiamo fermarci qui. Il senso è chiaro: negare il patrocinio al Pride significa attaccare i diritti civili e la libertà di espressione. Ma è davvero così? Naturalmente no... Intanto, bisogna sempre ricordare che negare il patrocinio non significa impedire la manifestazione, che infatti si svolgerà regolarmente.
Con “patrocinio”, spiega la Treccani, si intende più semplicemente il «sostegno» a un’iniziativa «da parte di un’istituzione». E allora dobbiamo chiederci: è legittimo o è uno scandalo non concedere il patrocinio al Pride? Bè, per rispondere può essere utile dare un’occhiata alla piattaforma del Südtirolo Pride del 28 giugno, in particolare nella parte dedicata ai «valori politici». Leggiamo (per facilitare la comprensione ci siamo permessi di eliminare la schwa, non ce ne vogliano gli autori...): - «Chiediamo la depatologizzazione e la depsichiatrizzazione delle identità trans e la gratuità dei percorsi di affermazione di genere, sia per gli interventi ormonali che chirurgici, sia per adulti che per persone giovani e bambini» - «Chiediamo il riconoscimento istituzionale delle identità non binarie, la decriminalizzazione del lavoro sessuale e della gestazione per altri» - «Chiediamo la fine di tutti genocidi: in Palestina, in Myanmar, in Sudan o ovunque essi abbiano luogo» - «Prendiamo posizione contro il razzismo, chiedendo anche l’introduzione di ius soli, ius culturae e ius scholae» Insomma: introduzione dello ius soli, “decriminalizzazione” della gestazione per altri, impegno contro il «genocidio» in Palestina e altro ancora... non si tratta, evidentemente, di una «celebrazione dei diritti civili», ma di un vero e proprio manifesto politico (orientato verso sinistra). Legittimo, per carità, ma per quale motivo dovrebbe avere il sostegno istituzionale? È una manifestazione di parte, e come tutte le manifestazioni di parte si può serenamente svolgere senza patrocinio. Un attacco alla comunità gay? Assolutamente no. Anche perché, alla fine, pure all’interno di quel mondo non è detto che, su certe cose, le persone la pensino tutte allo stesso modo...