Un corpo senza la testa. Abbandonato, dentro un cartone, in un punto imprecisato lungo l’autostrada del Brennero, in Alto Adige. È il 21 febbraio del 2008. Di chi sia non lo sa nessuno. La Squadra mobile di Bolzano fa tutti gli accertamenti che può, ovvio. La Scientifica, la procura lavorano senza sosta: ma gli strumenti sono quelli di diciassette anni fa e il cadavere, a giudicare dai suoi tratti somatici, forse non è nemmeno italiano (quindi è ancora più difficile ricondurlo a uno qualsiasi dei nostri database). È un mistero, un giallo: il “cold case del Brennero” che si trascina per quasi due decenni, indizi pochi ed enigmi molti più, fino alla torrida estate del 2025, quando la polizia tedesca mette assieme i pezzi di un puzzle che è ancora più inquietante. Stacco, sia temporale che geografico. Qualche settimana fa, Sontheim an der Brenz che è un paesotto di poco più di 5mila abitanti nei pressi di Stoccarda, nel sud della Germania: un uomo sta facendo dei lavori in giardino, sposta delle siepi, alza delle lastre di cemento e sotto ci trova un cranio umano.
La sua non è una casa qualsiasi: ora ci abita lui, d’accordo, ma il precedente inquilino si chiamava Alfonso Porpora. È un nome che le forze dell’ordine teutoniche conoscono bene, quello di Porpora. Siciliano, 61enne,in carcere a Baden-Württenberg con una sentenza all’ergastolo per due omicidi, per la stampa dellanderè semplicemente “lo strangolatore di Enna”. Quando i resti della testa di Sontheim finiscono sul tavolo del medico legale del posto (serve la certezza delle analisi e il responso del dna, sarà anche passato del tempo ma si tratta di un’indagine ufficiale), Porpora, dalla galera, inizia a parlare. Il cranio appartiene a Mustafa Sahin, così come il resto della salma che però si trova in Italia. Sahin è l’ex genero di Porpora, è il padre di due dei suoi nipoti, il marito di sua figlia, e nessuno sa più niente di lui da quando era un ragazzo turco-tedesco di vent’anni. Oggi ne avrebbe compiuti 37.Non spiegaimotivi del suo gesto, Porpora: spiega invece di averlo strangolato e smembrato, di aver trascinato il suo cadavere finoall’autostrada A22 (in realtà dice di averlo abbandonato in un tratto tra Roma e Napoli, ma questo particolare non è corretto), di aver costretto la sua famiglia a dichiarare che Sahin se n’era andato volontariamente. Il racconto di Porpora convince gli inquirenti tedeschi (che infatti avvisano i colleghi diBolzano) non tanto perché date e luoghi combaciano, e nemmeno perché è sua figlia, l’ex moglie di Sahin, a identificare il corpo in Alto Adige grazie alla maglietta che ancora indossa e attraverso una serie di fotografie che si scambiano le due polizie: a mettere gli agenti sulla strada giusta è il fatto che quella storia surreale, in verità, è coerente col passato criminale di Porpora. Quel che ha fatto a Sahinè perfettamente compatibile col suo modus operandi:lo “strangolatore di Enna”, con queste modalità, ha già ucciso due volte. A dirla tutta entrambi gli omicidi sono successivi a quello dell’ex genero, però sono stati scoperti prima. Nel 2014, con la complicità di due figli che stanno scontando, persino loro, una pena di nove e quindici anni di reclusione, ha portato nel garage di quella maledetta casa di Sontheim l’allora fidanzato della figlia, tale Marco, e l’ha strangolato. Ha nascosto il corpo in un congelatore, l’ha smembrato utilizzando una motosega e ne ha nascosto i pezzi in un bosco addirittura nella sua città natale, cioè vicino a Enna. Quattro anni dopo la stessa sorte è toccata al proprietario del garage che aveva preso in affitto: prima di mandarlo al Creatore, Porpora e prole, l’hanno legato a una sedia e hanno provato a estorcergli alcuni contratti obbligandolo a firmare carte a suo discapito.