Ricerche a tappeto della Procura di Pavia sul “proprietario” del profilo genetico maschile individuato sulla garza non sterile che 18 anni fa venne usata per prelevare materiale biologico dalla cavità orale di Chiara Poggi. Il cromosoma Y è stato isolato da Denise Albani (la genetista nominata dalla gip Daniela Garlaschelli) su due campioni, uno dei quali con anche le tracce dell'infermiere che lavorò in sala autoptica e da lui lasciate pure su un terzo campione.
Nel mirino gli operatori che hanno avuto a che fare con il corpo senza vita della giovane, i suoi amici e quelli del fratello, oltre anche a quelli del suo amico Andrea Sempio, accusato ora di omicidio in concorso con altri.
Non verranno eseguiti tamponi a 'tappeto', come nel caso di Yara Gambirasio, bensì da un lato si concentrerebbero sui tecnici intervenuti nell'immediatezza della morte della ragazza e dall’altro, in base all'ipotesi dei pubblici ministeri, effettuerebbero tamponi mirati tra le fila di chi faceva parte del giro ristretto di consoscenze di Chiara, dei compagni di liceo di Sempio, dei suoi amici e degli amici di Marco Poggi. Senza tralasciare nemmeno quanti in un modo o nell'altro hanno frequentato la villetta di via Pascoli.
Va appurato se il Dna di "ignoto 3" sia o meno frutto di una contaminazione, come sostengono alcuni dei consulenti di parte, poiché sull'esito di uno dei pezzettini di garza la traccia biologica senza identità è mescolata con quella dell'assistete del medico legale che fece l'autopsia. Chiara, la mattina del 13 agosto 2007, ha aperto la porta di casa senza esitare a una persona con cui avrebbe avuto confidenza. Dunque, si cerca nell’ambito di tutte le sue possibili conoscenze.
Intanto, sul caso è intervenuto anche il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, funesto a dir poco "Comunque finisca… finirà male, perché l'imputato, poi condannato, che si è fatto già 10 anni, ora potrebbe non essere il colpevole. È emersa la seconda ipotesi, che potrebbe esserci un terzo. Dopo 18 anni un esame del Dna? La vedo dura da dimostrare. È un'indagine lunga, costosissima e dolorosa, la lentezza dei processi a volte dipende anche dal fatto che non ci si vuole arrendere all'evidenza. Nel caso di Garlasco è stato assolto in primo e secondo grado e poi condannato”.