C'è qualcosa che non torna nella ricostruzione fornita da Andrea Sempio venerdì sera a Quarto grado, su Rete 4, relativamente ad alcuni dettagli sull'inchiesta di Garlasco.
Dei assaggi a vuoto che, suggerisce il Corriere della Sera, sembrerebbero dare forza agli inquirenti di Pavia che pochi mesi fa hanno clamorosamente riaperto il caso di Garlasco, indagando proprio l'amico di gioventù di Marco Poggi per l'omicidio della sorella maggiore di quest'ultimo, Chiara Poggi, avvenuto la mattina del 13 agosto del 2007 quando la ragazza aveva 26 anni e Sempio 19. Per quell'omicidio c'è già un condannato in via definitiva, il fidanzato di Chiara Alberto Stasi, che sta scontando 16 anni di carcere.
In tv Sempio ha parlato del malore che avrebbe avuto durante l'interrogatorio a cui era stato sottoposto nel corso della prima indagine, nel 2008. Di quel malore, sottolinea il Corsera, "non era stato dato conto nei verbali dell'epoca". E riguardo al famoso scontrino del parcheggio di Vigevano che sarebbe il suo alibi per la mattina dell'omicidio, il ragazzo ha rivelato che ci sarebbero state "pause non registrate dagli inquirenti" e che addirittura lo avrebbero "mandato a casa per prenderlo". Sul malore, precisa il Corriere, "ha parlato di una «febbre» che non gli dava tregua da giorni con l'intervento del 118 in caserma. A maggio, quando la notizia era stata diffusa dalla stampa, lui e i suoi legali avevano negato qualsiasi malessere parlando di «falsità»". Insomma, un cambio di linea piuttosto vistoso.
Il Corsera parla poi di un "passo" delle indagini "cambiato nell'ultimo mese e mezzo. Carte alla mano sono molti gli elementi che non tornano rispetto alle parole dette in tv anche da chi, invece, a verbale ha raccontato tutt'altro o ha fatto scena muta. O peggio si è occupato delle indagini passate".
C'è poi un'altra indiscrezione pesante, che emergerebbe dalle analisi in corso sul Dna di "Ignoto 3" rilevato sul luogo del delitto: "Il profilo non corrisponderebbe a nessuno tra chi ha eseguito atti, sopralluoghi, esami e potrebbe essere entrato in contatto con il corpo o con il tampone", scrive il Corriere della Sera secondo cui sì, "resta l'ipotesi di un «inquinatore»", ma in Procura sarebbero convinti che quel Dna appartenga all'assassino e complice di Sempio.