L’inchino all’islam, direttamente in sala mensa. L’ennesimo tappeto rosso srotolato a scuola - dopo le lezioni sospese per Ramadan, le canzoncine di Natale vietate, le merendine bandite all’intervallo durante il mese di digiuno, i corsi per insegnare alle ragazze come indossare l’hijab -, ai piedi di chi vuole imporsi anche in cucina. Un’altra corsia preferenziale a senso unico. E così la sottomissione è servita... a tavola. Nella rossissima Bologna ha fatto capolino una comunicazione firmata dalla direttrice del Dipartimento educazione, istruzione e nuove generazioni, in cui si annuncia che dal prossimo anno scolastico nei refettori degli istituti ci sarà anche il menu apposito per studenti musulmani.
Si parla di “dieta culturale religiosa”: ma non è forse il cibo uno straordinario veicolo d’integrazione? Varrà solo per il kebab... «Da settembre 2025 l’intera utenza scolastica cittadina potrà richiedere tra le varie proposte anche la dieta halal basata sull’esclusione di carne, la presenza di pesce e la presenza di carne avicola certificata halal, oltre a quelle già previste nel pasto scolastico, quali quella vegana, quella vegetariana e le diete con esclusione di carne o pesce». Ribò, il gestore del servizio di refezione scolastica, «ha predisposto tutte le condizioni produttive e selezionato, da un noto fornitore di carne avicola italiano, i prodotti provenienti da animali nati, allevati e macellati in Italia, in possesso della certificazione di macellazione conforme al rito islamiHalal, ovvero tutto ciò che è permesso nell’islam.
Manca qualcosa, però, nella nota ufficiale: ovvero che la carne, per essere considerata halal, deve essere macellata secondo le linee guida tradizionali indicate nella Sunna. Tradotto: gli animali, come del resto avviene in occasione di Eid al-Adha (la Festa del Sacrificio o “dello sgozzamento”), devono essere coscienti al momento dell’uccisione, che avviene attraverso la recisione della trachea e dell’esofago e sopraggiunge per il dissanguamento completo dell’animale. Una morte atroce, per cui le associazioni animaliste dovrebbero mobilitarsi anziché pensare alla nidificazione del coloratissimo gruccione che sta bloccando i lavori per l’alta velocità tra Verona e Brescia.
La polemica, nemmeno a dirlo, è diventata politica. Con la Lega sugli scudi: «Un atto gravissimo di sottomissione culturale ai dettami di un integralismo che nulla ha a che fare con i valori fondanti della nostra civiltà», hanno tuonato Annamaria Cisint, europarlamentare, e Matteo Di Benedetto, capogruppo in Consiglio comunale a Bologna
LEGA E FDI SUGLI SCUDI
«Siamo davanti a un evidente tentativo di penetrazione ideologica nelle scuole, con l’avallo istituzionale della sinistra che governa Bologna e che sacrifica ancora una volta i valori del nostro Paese sull’altare di una presunta integrazione che in realtà si traduce in sottomissione all’islam», ha aggiunto Cisint, sottolineando che «non possiamo accettare che una pratica tribale come la macellazione rituale si inserisca nelle scuole come un modello di riferimento, perché non ha nulla a che vedere con la nostra tradizione». L’europarlamentare leghista parla di «rito che trascina con sé un sistema illiberale, patriarcale e volto, nel suo ventre più radicale, alla sovversione delle nostre istituzioni democratiche». Di Benedetto, invece, segnala che in parallelo, nelle mense, si riducono i menu con carne e che gli studenti «tornano a casa affamati ma la carne va bene, secondo il Comune, se è stata certificata da un centro culturale islamico: scelta assurda». Fratelli d’Italia, per voce dell’eurodeputato bolognese Stefano Cavedagna, parla di «vera e propria discriminazione al contrario, ai danni di altre confessioni religiose che non vengono tenute in considerazione». La domanda è chiara: «E se qualche alunno cristiano o di religione ebraica volesse richiedere una dieta apposita? Non è citato in alcun modo il cibo kosher (per gli ebrei, ndr)».
E ancora: «Nessuna attenzione particolare per chi vuole astenersi dalla carne nei venerdì di Quaresima? Questa discriminazione lede i principi fondamentali riconosciuti a livello europeo, compiendo una vera e propria discriminazione al contrario nell’erogazione dei servizi, come vietato dall’articolo 2 dei trattati europei». Cavedagna, infatti, presenterà un’interrogazione urgente alla Commissione europea «per chiedere un intervento a riguardo: questo atteggiamento radical chic che si ammala di finta inclusione ha davvero stufato».