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Il mistero del Volto Santo di Manoppello

Non solo Sacra Sindone, l'altra reliquia nel Pescarese: un'icona che attirò persino Ratzinger
di Marco Patricelli lunedì 4 agosto 2025

3' di lettura

È l’alter ego della Sacra Sindone, ma non è nell’ex capitale sabauda bensì in un piccolissimo centro dell’ex Regno di Napoli di fronte al massiccio della Majella. Il Volto Santo di Manoppello, in provincia di Pescara, è l’enigma speculare del mistero sull’icona di Gesù Cristo. Ma mentre il sudario si riferisce alla passione e alla morte, l’icona custodita nella basilica minor sarebbe l’icona della risurrezione. Al di là di ogni aspetto fideistico sulla reliquia, esistono elementi scientifici incontrovertibili e quindi inspiegabili sotto i lumi della ragione. 

Il Volto Santo appare su una trama che si ritiene essere di bisso marino, un pregiatissimo quanto rarissimo e particolare tessuto realizzato dalla secrezione di un mollusco del Mediterraneo (Pinna nobilis) che possiede una spiazzante particolarità: non può essere dipinto. Accantonata questa caratteristica, tutt’altro che trascurabile, la storia fornisce alcuni dettagli che non sono immuni dall’alone della leggenda. Si tramanda che il telo giunse a Manoppello nel 1506. Non sappiamo chilo portò lì né perché, tranne che consegnò il panno a un medico locale, Giacomo Antonio Leonelli. Così come era apparso, l’uomo scomparve. Era un soldato? Un pellegrino?

Un ladro sacrilego pentito? Il primo problema è che il Velo della Veronica, letteralmente “vera icona”, esposto in Vaticano già nel 1300 e citato da Dante e da Petrarca, venne rubato nel 1608, quindi oltre cento anni dopo la presunta e misteriosa consegna a Manoppello.

Ma la data potrebbe essere sbagliata. A ogni modo nel 1646 il Volto Santo fu donato con atto notarile ai padri cappuccini dopo che era passato in proprietà alla famiglia De Fabritiis. Poiché il telo era in cattive condizioni, il frate Remigio da Rapino ci mise le mani e nel restauro ridusse la superficie all’attuale misura di 17x24 centimetri, eliminando i bordi deteriorati. Da allora il Volto Santo non si è più mosso dalla chiesa di Manoppello, e non ha smesso di intrigare sulla sua misteriosa natura e sul suo reale rapporto con la fede. 

Secondo alcuni le dimensioni dell’effigie risulterebbero sovrapponibili con quelle della Sacra Sindone, con l’unica differenza che quella di Manoppello ha gli occhi e la bocca aperti, ma non mancano voci in dissenso. Il gesuita ed esperto padre Heinrich Pfeiffer, che ha dedicato all’enigma ben 13 annidi studi e ricerche, ha concluso che si tratta del telo posizionato sul viso di Gesù prima della deposizione nel sepolcro. Un esame scientifico effettuato nel 1997 dall’Università di Bari ha escluso la presenza di colore nella raffigurazione, e questo rafforza l’ipotesi che si tratti di un’immagine acheropita, ovvero non disegnata o dipinta, anche se altri esperti si sono invece espressi in senso contrario. Questi misteri attrassero l’attenzione di Joseph Ratzinger prima ancora di essere eletto papa come Benedetto XVI. 

Il 1 settembre 2006 il pontefice si recò in visita privata al Volto Santo di Manoppello, e senza entrare nello specifico parlò di «Volto di Cristo qui venerato» e di «luogo dove possiamo meditare sul mistero dell’amore divino contemplando un’icona del Volto Santo». Il 22 settembre, comunque, elevava il santuario a basilica minore. Resta il fatto che la sacra icona da cinque secoli è come la lasciò frate Remigio: tra due vetri e in una cornice di legno di noce. E che dal 1703 a Manoppello si celebra la festa del Volto Santo. Tutto il resto appartiene ai misteri della fede.

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