Dovevano essere due milioni. Almeno. Insomma, il messaggio che doveva passare è che gli italiani erano tutti in sciopero. E chi non lo era di sicuro era favorevole alla protesta indetta dai sindacati. Ché non poteva essere altrimenti, dopotutto. E così a reti unificate è passata l’idea che il consenso dell’opinione pubblica allo sciopero generale organizzato anche dalla Cgil di Maurizio Landini fosse altissimo. Peccato che questo è falso. Perché ad Agorà, non certo un pericoloso media di destra, ma la trasmissione di Rai 3, la rete da sempre in mano alla sinistra, l’altro giorno è stato mostrato un grafico molto eloquente dal titolo “Quanto si parla dello sciopero”. Ebbene in 24 ore in Italia sono stati pubblicati 35mila post a tema sciopero accompagnati da 465 tra click, commenti e condivisioni. Ecco: gli utenti che si sono espressi in qualche modo favorevolmente allo sciopero sono stati il 2,5%, mentre quelli che hanno manifestato un’opinione critica o contraria sono stati ben il 97,5%. Altro che consenso. Qua, a ben vedere, emerge soltanto il fatto che gli italiani non ne possono più di manifestazioni di protesta organizzate dai sindacati per motivi politici (non certo per tutelare i diritti dei lavoratori).
Come se non bastasse, a ridimensionare lo sciopero generale ci si è messa pure Alessandra Ghisleri. Intervistata su La Stampa, la sondaggista ha detto che «gli italiani sostengono la causa di Gaza ma non vogliono essere strumentalizzati». «Una cosa è scendere in piazza, altro è costringerli ai disagi dello sciopero», sottolinea la Ghisleri, che poi snocciola i numeri sulla questione Gaza. «Sei italiani su dieci», sono solidali con Gaza, «e molti di loro sono anche disposti a scendere in piazza come è accaduto mercoledì sera in molte città». Tuttavia l’uguaglianza solidarietà-sciopero però va evitata perché «gli italiani in questo momento si sentono fragili e vulnerabili, e non trovano nei sindacati un impegno sufficiente».
Anche perché il compito di un sindacato dovrebbe essere difendere i suoi iscritti. Cosa che non accade. «Ci sono molte questioni nel campo del lavoro su cui l’opinione pubblica chiede risposte. Oggi c’è uno sciopero generale indetto da alcuni sindacati, e il rischio è che gli si dia una connotazione troppo distante da quelle che dovrebbero essere le priorità di una organizzazione di lavoratori», sottolinea la sondaggista. «Se un lavoratore non è in grado di recarsi al lavoro perché i trasporti sono bloccati, potrebbero farsi la seguente domanda: cosa è effettivamente utile alla causa palestinese, e cosa non lo è?».