L’associazione D.i.Re - Donne in rete contro la violenza - ha espulso definitivamente la sua iscritta Artemisia in quanto colpevole di avvalersi nel suo centro dell’apporto anche di alcuni uomini. «Le nostre socie hanno deciso di riconoscere l’esistenza di un modello maschile positivo» si era difeso il comitato direttivo delle cacciate. La gerarchia suprema però ha messo sul piatto della bilancia la legge: lo statuto dice che in D.i.Re gli uomini sono banditi e quindi, o li cacci, o te ne vai tu. Un uomo che parla di violenza sulle donne senza premettere che noi maschi siamo tutti degli animali da rieducare, patriarcali senza neppure rendercene conto e condannati da uno stigma di genere, al giorno d’oggi è certamente una persona in cerca di guai; anche se non ha denunce per maltrattamenti nel suo curriculum e si è sempre smazzato da solo il dolore dell’abbandono. In effetti, le vittime non siamo noi; la paura che suscitiamo nell’altro sesso non potremo mai comprenderla davvero. Amo il rischio e tento una riflessione; le donne potranno sempre non leggermi, o non condividerla.
Premetto che se mi iscrivo a un’associazione, atto libero, mi viene più naturale seguirne le regole piuttosto che cambiarle. Quindi, a rigore di legge, l’espulsione di Artemisia di primo acchito non mi fa strano. Poi però mi chiedo a chi e a cosa giovi la cacciata e se il Daspo agli uomini in un gruppo di associazioni contro la violenza sulle donne sia un passo indietro o avanti nella reciproca comprensione dei sessi, imprescindibile per una diminuzione dei femminicidi. «Stiamo spingendo una riflessione di rinnovamento che fa fatica a essere compresa», lamenta amareggiata la presidente di Artemisia, ricordando che l’associazione è tra i fondatori di D.i.Re, e quindi suppongo tra chi ha redatto lo statuto sulla base del quale è stata mandata via. Queste poche parole rimandano all’idea di un gruppo di guerriere in cerca di vendetta piuttosto che a una rete di supporto delle donne, qual è lo scopo nobile dell’associazione, ma forse dipende dal fatto che sono state pronunciate da una donna che si sente ferita, o comunque incompresa, dalle sue consorelle.
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La legge italiana che ha dichiarato reato l’infibulazione compirà vent’anni il prossimo 9 gennaio: &e...Vista da fuori, possiamo ipotizzare che D.i.Re non voglia uomini tra i piedi perché li ritiene tutti uguali, potenziali killer irrecuperabili, il migliore dei quali è comunque, nel suo piccolo, un prevaricatore. Con loro, meglio tagliare i ponti e non perdere tempo. Oppure, più ottimisticamente, pensa solo che, anche i più sensibili e motivati, non siano in grado di essere d’aiuto e la loro presenza sia alla fine negativa, se non addirittura provocatoria. O forse ancora, l’associazione è convinta che nessun uomo abbia diritto di occuparsi delle donne abusate, perché comunque è stato uno di loro a esercitare violenza su di esse. Più semplicemente e realisticamente, D.i.Re può anche valutare che un uomo sia l’ultima cosa con la quale vuole avere a che fare una donna che ha subito violenza. Delle quattro opzioni, tutte comprensibili, non me ne va bene una.
Alla base della prima, c’è in realtà una rinuncia a cambiare le cose, una dichiarazione di impotenza, una sentenza collettiva definitiva. E allora, a che pro la richiesta di corsi di educazione sessuale a scuola, se gli uomini sono tutti uguali e irredimibili? Lasciateci stare e, quando sbagliamo, giudicate solo chi sbaglia. La seconda opzione non mi piace perché palesa una discriminazione, e una conseguente condanna, di genere. Ma se neghi la possibilità di collaborazione tra i sessi, innaffi il seme della violenza, non lo estirpi. La terza ipotesi fa di tutta l’erba un fascio ed è una degenerazione dogmatica, reazionaria e autoritaria del sacro principio del diritto delle donne, come di chiunque, a non essere molestate. La quarta possibilità è quella che più comprenderei, perché più vicina alla mia natura. Sono però convinto che nelle relazioni umane, il tempo alimenti il rancore e scavi le distanze, non lo guarisca. Anche questa soluzione quindi saprebbe di sconfitta definitiva, non temporanea, perché certificherebbe l’incomunicabilità tra i sessi. Quindi mi sbilancio: ha ragione Artemisia, non c’è che D.i.Re.




