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Ponte sullo Stretto, Pietro Ciucci: "Dal pedaggio agli appalti, che bufale sul progetto"

di Fabio Rubini venerdì 31 ottobre 2025

5' di lettura

La decisione della Corte dei Conti di non dare il via libera alla delibera del Cipess riguardante il Ponte sullo Stretto, non ha lasciato solo strascichi politici, ma anche dubbi procedurali e di merito sull’opera. Per provare a dipanare questa situazione abbiamo sentito Pietro Ciucci, amministratore delegato della Stretto di Messina Spa, la società pubblica cui sono state affidate tutte le operazioni relative all’opera.

Dottor Ciucci, come ha vissuto il “no” della Corte dei Conti? 
«Ammetto che questa decisione mi ha un po’ sorpreso. Sulla base delle risposte molto dettagliate da noi fornite alla Corte dopo le richieste che ci aveva fatto pervenire, pensavamo di essere stati esaustivi nelle spiegazioni e ci aspettavamo semaforo verde».
Così non è stato. Cosa succede a questo punto? 
«Sappiamo che la Corte ha trenta giorni per depositare le motivazioni della sentenza. Noi non crediamo ci possano essere rilievi tali da non poter rispondere ulteriormente e chiarire».

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Quali sono i passaggi seguenti? 
«Una volta appreso i rilievi della Corte dei Conti e risposto, il progetto tornerà in Consiglio dei ministri per una nuova registrazione del progetto dichiarato strategico, d’interesse nazionale sia da un punto di vista strategico, sia da quello dello sviluppo economico».
Questo però comporterà uno slittamento nei tempi di inizio lavori... 
«Stimiamo un paio di mesi di ritardo. Poi dipenderà da quello che succederà. Ad esempio la Corte ha trenta giorni di tempo per depositare la sua relazione, ma noi speriamo che possa farlo più rapidamente. Poi ci sarà il tempo tecnico per noi per rispondere alla Corte. Diciamo che stimiamo i ritardi in un paio di mesi. Con i cantieri che inizieranno, come ha detto anche il ministro Salvini, per febbraio 2026».
Una bella scocciatura... 
«Per noi la cosa importante è la posizione chiara del governo, che non intende arretrare. L’opera andrà avanti. Anche perché il progetto ha ricevuto apprezzamenti da tutto il mondo».
Questi ritardi, anche se contenuti, creeranno problemi con i costruttori? Ci saranno penali da pagare? 
«Assolutamente no. Nessuna penale. Tutti i contratti che abbiamo firmato sono legati a due vincoli. Il primo è l’approvazione del Cipess e poi la registrazione da parte della Corte dei Conti. Fino a quando queste due condizioni non si verificano, i contratti non sono in essere. Il secondo vincolo è legato alle rinunce ai contenziosi, rinunce che sono già state formalizzate. Nessun problema di penali anche per quel che riguarda il contratto con il Monitore ambientale».
In attesa di capire quali saranno i dubbi che hanno portato la magistratura contabile a non registrare la delibera del Cipess, ci sono voci su quello che potrebbe non aver convinto i togati. Il rilievo più “forte” è quello relativo alla mancata nuova gara d’appalto, visto l’aumento dei costi di realizzazione dell’opera. Siete preoccupati per questo? 
«Su questo punto si è fatta tanta confusione. In molti citano la direttiva Ue che lega le nuove gare al fatto che il valore dell’appalto supera il 50% di quello iniziale. E siccome si dice che il costo del Ponte è passato da 4 miliardi a 10,5 allora si deve applicare quella direttiva e rifare le gare».
E non è così? 
«No. Perché l’aumento del valore non dato da varianti progettuali, ma quasi esclusivamente dall’aggiornamento dei prezzi. E la direttiva Ue dice chiaramente che questa fattispecie non entra nel computo del valore dell’opera. Quindi il procedimento è stato eseguito in maniera corretta».

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Quali sono state le varianti principali rispetto al progetto originale? 
«La più grossa riguarda l’inserimento della cosiddetta “metropolitana dello Stretto” tra Reggio e Messina che comprende anche tre stazioni interrate nel versante siciliano. Poi altre cose minori, legate all’aggiornamento del progetto del 2011. Il tutto per un importo inferiore al miliardo di euro. Decisamente sotto la soglia del 50%. Se poi si considera che sempre la direttiva Ue stabilisce che le varianti non si possono cumulare, ecco che la regola è ancora più rispettata».
Altro dubbio: si dice che l’Unione europea non si è espressa sull’opera. Ma la “bollinatura” europea è necessaria? 
«Abbiamo sempre dialogato con l’Unione europea, soprattutto per quanto riguarda il profilo ambientale dell’opera, ma non serve nessun via libera dalla Commissione».
La Commissione, però, ha mosso dei rilievi in passato sull’aspetto ambientale. Sono stati risolti anche quelli? 
«Anche qui va fatta chiarezza. La relazione di impatto ambientale sul progetto aggiornato è stata fatta in due step. Il primo a dicembre 2024 ed ha avuto esito positivo. Il secondo a maggio 2025 e riguardava le zone protette (fauna e flora), di habitat europeo, che necessitavano di una procedura europea che è stata approvato dal Consiglio dei ministri e dalla Commissione Via-Vas. Poi noi abbiamo informato degli esiti l’Unione europea».
Che ha mosso i suoi rilievi... 
«Assolutamente no. La Commissione non ha mai contestato l’opera. Ci ha scritto una lettera per chiedere chiarimenti al fine di poter rispondere ai ricorsi e alle interpellanze che le erano pervenute. Né la Commissione nel suo insieme, né la Commissaria all’Ambiente hanno mai messo in dubbio l’opera. Anzi...».
C’è poi la questione del pedaggio. Si va dai 40 euro di una relazione iniziale ai 7 euro annunciati dal ministro Matteo Salvini. Secondo la sua esperienza, la Corte dei Conti potrebbe muovere rilievi sulla sostenibilità economica dell’opera? 
«No e spiego subito il perché. Il Parlamento ha deciso che l’intera opera si facesse con soldi pubblici a fondo perduto. Quindi noi non dobbiamo coprire quei costi con i pedaggi. Cosa che invece avremmo dovuto calcolare in caso in cui il Parlamento avesse scelto la formula del project financing».
E allora il piano finanziario che avete presentato contestualmente al progetto definitivo, a cosa serve? Perché prevedere un pedaggio? 
«Il nostro piano finanziario è stato fatto per tenere conto dei costi di manutenzione e gestione del ponte. I proventi dei pedaggi serviranno a quello, non a coprire il costo complessivo dell’opera. Questo ci permette di abbassare il valore del pedaggio. Del resto noi siamo una società in house, cioè non abbiamo l’obiettivo di fare utile. E qualora ci fosse verrebbe investito - una volta coperti i costi di gestione e manutenzione - in migliorie e, perché no, magari in un ulteriore abbassamento del pedaggio stesso. C’è scritto nel piano che molti citano, ma pochi hanno letto».
In conclusione... 
«In modo del tutto rispettoso dei vari ruoli, siamo molto curiosi di leggere le motivazioni che hanno spinto la Corte dei Conti a non dare subito il via libera al Ponte. Ma sono certo che risponderemo a tutto e che l’opera si farà».

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