Credeva di incontrare la ragazza dei suoi sogni, scambiare due chiacchiere, fare due passi con lei. Da cosa nasce cosa, magari sarebbe pure sbocciato l’amore. Invece è finito in una trappola di violenza cieca e aggressività che l’hanno lasciato inerme su un marciapiede della periferia di Milano, ormai privo di sensi. È accaduto tutto nel dicembre del 2024, pochi giorni prima del Natale. Atmosfera frizzantina di luci e festeggiamenti. Lui è un ragazzo sudamericano di solo 17 anni.
Cerca amici e forse un po’ di amore. Conosce una ragazza sui social, si piacciono, c’è sintonia. Non si sa quanto duri la frequentazione virtuale ma ben presto lei gli dà un appuntamento vero, vuole incontrarlo e parlargli. Il luogo prescelto è il parco dei fontanili in zona Bisceglie. Il ragazzo si presenta puntualissimo, è ben vestito, ha messo anche la collanina argentata cui tiene tanto. La zona è isolata, pochi passanti, qualche padrone di cane che cammina in fretta e se ne va. All’improvviso i due ragazzi vengono circondati dal resto della banda.
Ci vuole poco per capirlo, sono complici della ragazza. E lo accerchiano come nella migliore delle tradizioni delle baby gang. Calci e pugni come in una scena da arancia meccanica. Usano tutto quello che hanno a portata di mano per colpirlo, comprese alcune bottiglie di vetro e un bidone dell’immondizia. Il ragazzo cerca di difendersi ma viene colpito violentemente alla testa. Si accascia e perde i sensi. Mentre i sei, cinque peruviani e un venezuelano, gli portano via tutto quello ha, il cellulare, il portafoglio coi pochi soldi che aveva dentro e appunto la catenina d’argento, e si danno alla fuga. Il ragazzo viene soccorso medico e riesce a sporgere denuncia.
Ma individuare il gruppo non è facile. Decisiva l’attività di indagine svolta dal commissariato di polizia di stato di Lorenteggio. Vengono visionati i filmati delle telecamere di zona. E gli investigatori riescono a risalire alla loro identità: sono cinque peruviani e un venezuelano di età compresa tra i 19 e i 23 anni, due con precedenti penali.
Ieri la Polizia di Stato, coordinata dalla procura ha arrestato i sei giovani. Un’operazione che riaccende i riflettori sul tema della sicurezza. E del fenomeno allarmante della bande criminali giovanili, spesso composte da straniero e italiani di seconda generazione.
«Ringrazio la Procura di Milano per l’arresto di cinque giovani peruviani e un venezuelano, autori di una grave rapina con aggressione avvenute in zona Baggio il 17 dicembre dello scorso anno dove, la povera vittima, aveva perso i sensi, era stata derubata del telefono, del portafogli e della collana d’argento», ha detto Riccardo de Corato, deputato di Fratelli di Italia. «Ormai i sudamericani hanno eguagliato, se non superato, la criminalità araba-africana che rappresenta già un grave pericolo in città. Per l’ennesima volta, le periferie milanesi sono prese d’assalto dalla malavita e criminalità straniera». Il trend è una conferma dei dati sulla criminalità cittadina pubblicati dal Sole 24 Ore pochi giorni fa, in cui emerge che a Milano «oltre sei arrestati su 10 sono stranieri e siamo anche, in Italia, la città al 1° posto per furti e rapine. Ormai, questi tristi record vanno avanti da anni e vedono ancora una volta il capoluogo lombardo, primo in Italia nell’indice della Criminalità 2024».
Parla di episodi in pericoloso aumento anche il presidente dei City Angels Mario Furlan, conoscitore di Milano e della realtà di strada. «E’ un fenomeno che ci preoccupa moltissimo», dice. «Bande giovanili composte da ragazzi che si sentono forti facendosi vedere feroci coi loro compagni», spiega Furlan.
«Non è un caso che il leader di queste gang sia sempre il più violento del gruppo. L’auspicio è che in galera possano capire i loro errori e diventare persone migliori». «Episodi così gravi» aggiunge «devono essere colpiti con durezza. In questo caso gli autori della violenza sono ragazzi grandi quasi tutti ventenni. Ma assistiamo di frequente ad aggressioni violentissime commesse da ragazzini 14enni che si sentono impuniti. Se li rimproveri te lo dicono in faccia. “Faccio quello che voglio tanto non mi fanno niente”. Su questo occorre fare un’attenta riflessione».