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Gli studenti "No Meloni" assaltano la polizia e bloccano le Ferrovie

Gretini. Molto di più. L’abisso mentale produce manifesti con la scritta “Quarto Reich” e le foto di Meloni, Salvini, Trump e Netanyahu
di Alessandro Gonzato sabato 15 novembre 2025

3' di lettura

Gretini. Molto di più. L’abisso mentale produce manifesti con la scritta “Quarto Reich” e le foto di Meloni, Salvini, Trump e Netanyahu. A Torino il popolo del “No Meloni Day”, in testa al serpentone i Fridays for Future – i seguaci della Thunberg che ogni venerdì fanno di tutto tranne andare a lezione o a lavorare – ha spedito otto poliziotti all’ospedale. Tra le zucche vuote ornate di kefiah, immancabili, le falangi pro-Pal. Poi centri sociali e collettivi.

Le prime violenze al mattino, alla stazione di Porta Nuova, dove contro gli agenti sono stati scagliati un paio di tombini. Prima e dopo uova, secchi di vernice, aste di bandiere, sassi e petardi. Il canovaccio è sempre quello. Per colpa del caos sono stati soppressi una ventina di treni. Il traffico ferroviario è tornato alla normalità soltanto a pomeriggio inoltrato dopo la bonifica dei binari. Altra delinquenza nella sede della Città metropolitana: qui i violenti hanno lanciato ai poliziotti anche un estintore.

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CAUSE PERSE

Sullo striscione che ha aperto il corteo c’era scritto “Resistenza climatica”. I gretini hanno indetto lo sciopero globale per il clima. Hanno scioperato scagliandosi sulle forze dell’ordine. Pseudo-ecologisti e Cgil scenderanno in piazza anche oggi – ultime prove in vista dello sciopero generale del 28 novembre – «per ribadire l’urgenza di una transizione ecologica giusta fondata sul lavoro dignitoso, sui diritti e sull’equità sociale». I Fridays for Future strillano: «Nella nuova manovra ci sono 869 milioni di tagli all’istruzione! Studiare non dev’essere un privilegio!». Ma per studiare, e imparare qualcosa, bisognerebbe andare in classe. «Oggi abbiamo spaccato!», hanno festeggiato al megafono. Hanno spaccato oggetti, scudi e anche altro, questo di sicuro. «Uno studente è stato fermato», si sono lamentati, «perché la polizia non sopporta quello che abbiamo fatto stamattina. Vogliamo subito la sua liberazione». Nient’altro?

Hanno sventolato bandiere della Palestina, brandito striscioni contro i «fascisti», i manifestanti hanno ricoperto di insulti Israele, Meloni, Salvini, il ministro dell’Istruzione Valditara. Altro striscione: «Contro il governo del genocidio e del fossile, gli studenti bloccano tutto». Cervello incluso, il loro.

Il segretario provinciale del sindacato di polizia Fsp ha tuonato: «Ancora una volta violenza che colpisce la collettività e le forze dell’ordine. Questi non sono incidenti, ma scontri orchestrati nel nome di una finta democrazia, dove la violenza è usata per imporre il proprio pensiero. Con la regia di Askatasuna (il principale centro sociale di Torino, ndr) che approfitta di ogni manifestazione per arruolare nuove leve, si continua a colpire i poliziotti che rappresentano lo Stato e la parte sana del Paese. Questo clima», ha proseguito l’agente, «è alimentato anche da un certo perbenismo che impedisce una reazione legittima e dovuta degli operatori di polizia». Altra scritta infamante, lasciata su una locomotiva: «Meloni appesa».

I manifestanti si sono esibiti pure a Roma: «Bruciamo i fascisti, cacciamo il governo!». Gli antagonisti hanno dato fuoco a decine di volantini che richiamavano il ventennio. Il serpentone ha raggiunto il ministero dell’Istruzione: giovani, meno giovani e vista l’età pluriripetenti hanno esposto manichini col volto della premier, del senatore Gasparri e della Bernini, ministro dell’Università.

SOLITI NOTI

Nella rossa Bologna un manipolo dei collettivi, che voleva bloccare l’assemblea dell’Anci per contestare i ministri, ha assaltato la polizia costretta in assetto antisommossa. All’altezza del ponte di San Donato le forze dell’ordine hanno fermato il corteo impendendone il passaggio. I manifestanti hanno provato a sfondare il cordone di sicurezza e gli agenti hanno risposto con delle cariche. Alcuni attivisti, dietro alle insegne di Cambiare Rotta, hanno puntato il polo universitario di via Berti Pichat dove hanno fatto irruzione e interrotto le lezioni.

A Milano i collettivi si sono piazzati davanti alla prefettura: da un camion hanno urlato «Non chiuderete la bocca alla nostra protesta!». Fra gli striscioni e i cartelli ce n’erano alcuni con le immagini di Meloni e Schlein e impronte di mani sporche di sangue. La premier è stata anche raffigurata con l’elmetto e la scritta “complice del genocidio”. Insulti pure a Tajani e Calenda, per la sua vicinanza all’Ucraina.

Torniamo a Torino dove il Pd «difende il diritto di manifestare ed esprimere le proprie idee. Condanna però», si legge nel comunicato, «i gravi episodi di violenza. Consapevoli che questi episodi siano imputabili sono a una minoranza di presenti al corteo...». Certo: sono sempre minoranze.

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