Non sottovalutiamo il clima che nel Paese si fa sempre più pesante. Non è azzardato parlare di eversione strisciante. Maurizio Landini un anno fa ha inneggiato alla rivolta sociale e dopodomani tenterà la sua spallata con l’ennesimo sciopero generale, stavolta in solitaria, visto che il governo ha chiuso i contratti con i suoi colleghi. I pericoli però non arrivano certo dal segretario della Cgil, ormai più guitto televisivo che leader sindacale, anche se la scorsa settimana una squadraccia della Fiom ha picchiato alcuni delegati della Cisl, senza che lui si sia neppure sentito in dovere di scusarsi. Il partigiano reggiano guida un esercito di pensionati e di gruppetti di lavoratori che ancora non hanno capito di essere ingannati da decenni proprio da chi dice di volerli tutelare e invece li usa per fare politica. È del tutto inoffensivo, oltre che inefficace.
Le casematte del disordine sono i centri sociali, in particolare quello torinese di Askatasuna. Sono luoghi di violenza nobilitata dal diritto al dissenso; sono tollerati, oltre che difesi, dalle amministrazioni dem, che sperano così di coltivare bacini di voto, o non osano attaccarli per timore di essere scavalcate a sinistra da forze come Avs, alle quali hanno rimesso la propria linea politica. La circostanza che governi il centrodestra rende facile a questi teppisti agire. Gli estremisti in Parlamento li legittimano, Elly Schlein e compagni non li criticano e i media di area progressista li coccolano, ritenendoli complementari alle operazioni di boicottaggio della maggioranza: il braccio in piazza, la mente in redazione; per questo l’assalto alla Stampa è stato vissuto come un cortocircuito.
In realtà c’è una differenza profonda della quale la sinistra politica e i suoi pensatori d’area devono prendere atto tra lo scontro ideologico e di pensiero e quello di piazza e di mano. Entrambi hanno raggiunto toni spropositati, se perfino lo showman Fiorello rimprovera all’universo progressista un’arroganza di intelletto, postura e comportamenti che è estranea alla destra e che fa di quel mondo la casa dell’intolleranza oggi. Finché si resta ai cori, alle serrate, alle defezioni da eventi dove sono presenti rappresentanti dell’estrema destra, come nel caso della rassegna “Più libri, più liberi”, siamo solo a prove di debolezza e autogol.
Quando però i no-Tav o i pro-Pal assaltano i poliziotti, si sconfina in un’area che può essere anticamera di una violenza anti-Stato dalle potenzialità sovversive. Antonio Di Pietro a Libero parla di una situazione da anni Settanta e confessa di temere che possa scapparci il morto in ogni momento. La sinistra parla di democrazie occidentali fragili, a partire dalla nostra, che secondo l’opposizione è retta da un governo autoriferito e con tendenze autoritarie. Le fragilità maggiori del sistema Italia sono però una comprensione per le devianze criminali e le proteste manesche che sfiora la connivenza, una costante delegittimazione e un malcelato disprezzo da parte dell’opposizione per le forze dell’ordine, una propaganda antigovernativa selvaggia e la clemenza che alcune Procure mostrano verso chi fa rompe e picchia in piazza, se non ha la divisa.
L’Italia sta diventando il centro di raccolta degli autonomi e dei violenti di tutta Europa. Torino 2025 come la Genova del G8 del 2001, quando si era appena insediato il governo di Silvio Berlusconi. Questo perché i malintenzionati trovano copertura politica e clemenza in tribunale. Quando verrà posata la prima pietra per la costruzione del Ponte sullo Stretto, saranno tutti pronti a dare battaglia, in strada e non solo. Meglio prepararsi prima che sia troppo tardi: i segnali di eversione vanno combattuti subito, e già ce ne sono stati.