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Cyberspazio "arma" di Al Qaeda per arruolare martiri

Il terrorismo usa il web per le sue martellanti campagne. Il marocchino arrestato usava Fb per insegnare a costruire esplosivi

Nicoletta Orlandi Posti
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Il cyberspazio sia l'ambiente privilegiato da estremisti e terroristi. L'ennesima dimostrazione viene dall'inchiesta che ha portato all'arresto del cittadino marocchino a Brescia. Lo usano per "il loro jihad tecnico", ha spiegato il dirigente di polizia Claudio Galzerano, "in ragione della facilità con cui essi possono stabilire interconnessioni virtuali e operare sentendosi tutelati da un sostanziale anonimato". L'arrestato, inoltre, "rappresenta il tipico prodotto delle martellanti campagne di propaganda e istigazione alla violenza condotte, sempre attraverso Internet, da Al Qaeda e da altre organizzazioni terroristiche: è una precisa strategia diretta soprattutto a suggestionare i giovani musulmani residenti in Occidente affinchè essi possano immedesimarsi nell'ideologia terroristica e poi, autonomamente e senza alcun contatto diretto con l'organizzazione, passare all'azione". Hacker - Galzerano traccia poi l'identikit di J.M.: un mago del computer, “una sorta di  hacker radicalizzatosi su internet, al di fuori del circuito delle  moschee”. “Nel suo percorso verso un fanatismo sempre più integralista - spiega il dirigente  della divisione antiterrorismo internazionale della Dccp/Ucigos - ha cominciato un'opera di ricerca su internet di informazioni relative al  confezionamento di esplosivi, mettendole poi a disposizione all'interno di gruppi segreti su Facebook”. Pagine web supersicure, “a cui si accedeva solo attraverso un complicato sistema di controlli e passaggi che lo stesso arrestato aveva messo in piedi”. In questo modo J.M. aveva intessuto “una serie di relazioni al di fuori del circuito nazionale”, con “più di  una decina” di seguaci del suo disegno terroristico.  Quanto al progetto di attentato alla sinagoga di Milano, “è stato realizzato un sopralluogo virtuale, via computer, volto ad individuare - spiega Galzerano - le vie di accesso e di fuga, gli   accorgimenti adottati per la sicurezza”. Non si tratterebbe di un progetto giunto già alla sua fase operativa. “Di sicuro era qualcosa di più di una curiosità, ma nel corso dell'operazione non sono stati trovati esplosivi od armi”. L'operazione non si è conclusa con l'arresto di questa mattina. L'indagine infatti prosegue per accertare  se J.M. fosse in collegamento diretto con componenti di un gruppo terroristico, in Italia o all'estero.

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