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Stefano Mainetti, addio mecenati e nobili, come cambia la figura del compositore

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AdnKronos
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Roma, 16 ott. (Labitalia) - "La maggior parte dei compositori usciti dai conservatori lavorerà nell'ambito della musica applicata: cinema, teatro o televisione e nuovi media. Rispetto al passato la figura del compositore è cambiata; se prima era normale prassi scrivere concerti e sinfonie, e per questo si veniva ingaggiati da mecenati, alti prelati o nobili signori, oggi il trend è decisamente cambiato; molto raramente troveremo un musicista in grado di mantenersi scrivendo musica assoluta, tralasciando campi musicali come il pop, il rock e il jazz che meriterebbero un discorso a parte". Così, in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia, Stefano Mainetti, compositore e direttore d'orchestra di fama internazionale, ha ricevuto numerosi premi nel corso della sua carriera. "Scomparsa la figura del mecenate - sottolinea - colui che sovvenziona i progetti musicali oggi è il produttore, che sia televisivo teatrale o cinematografico e in questi ambiti la musica prevede vari piani di realtà lavorative; dalla composizione all'arrangiamento, dalla direzione d'orchestra in studio alla preparazione delle sequenze midi. Dalla realizzazione delle parti con programmi dedicati agli assistenti di studio. Dal sound design agli ingegneri del suono. Ognuna di queste attività, molte delle quali nate da poco, offrono al compositore nuove opportunità di lavoro". "Quanto detto prevede però - ammette - una preparazione non indifferente, in un mondo che si sta sempre più super-specializzando, il mio consiglio è quello di chiarirsi presto le idee, studiare, approfondire e andare al sodo quanto prima. La concorrenza è spietata e se è vero che all'estero ci sono più opportunità di lavoro è anche vero che la selezione viene fatta sulla base di una preparazione sempre più specifica e capillare". Mainetti punta il dito sulla cultura musicale nella scuola: "La cultura musicale di base in ogni Paese fa la differenza, sostanzialmente c'è un approccio diverso rispetto a noi, e non solo nei paesi anglosassoni. Francia, Germania, ma anche nell'Europa dell'est hanno una popolazione più preparata musicalmente. Questo in gran parte dipende dall'insegnamento della musica nella scuola di base, che in Italia è sotto il livello delle altre nazioni. Le istituzioni non aiutano e nelle scuole tradizionali l'ora di musica è relegata spesso e volentieri al ruolo di ricreazione, o poco più". "E' un vero peccato - commenta - perché un sano approccio alla musica sin da ragazzi sarebbe formativo al pari di materie come la filosofia o la matematica. Indipendentemente dal lavoro che svolgeranno nella società di domani i ragazzi troverebbero grande giovamento nell'apprendere almeno i requisiti musicali di base. Avere una buona pratica musicale dona una grande elasticità mentale e dà una chiave di lettura in più della realtà". "Come spesso avviene nel nostro Paese - spiega Mainetti - l'iniziativa è lasciata ai singoli insegnanti che per quanto possano essere preparati si trovano di fronte ad una mancanza cronica di strutture di base: assenza di strumenti musicali, orari dedicati assai risicati, impossibilità di fare musica d'insieme o semplicemente di ascoltare musica diversa da quella commerciale. Alla fine l'insegnamento della musica nelle scuole italiane si riduce, quando va bene, all'ora settimanale di flauto; strumento rispettabilissimo, per carità, ma che non può certo dare una visione completa della musica essendo uno strumento monodico senza nessuna possibilità di destreggiarsi nel meraviglioso mondo dell'armonia". "Anche la mancanza di un repertorio minimo di musica classica - sottolinea - a disposizione nelle scuole è deplorevole; non avere mai ascoltato le 'Quattro stagioni' di Antonio Vivaldi, così come tanti altri classici, è come non sapere chi sia Platone o Galileo Galilei. Per fare un esempio: in Italia è passato, purtroppo e soprattutto in certi ambienti, il falso messaggio che la vera cultura è solo quella umanistica e tutto ciò che viene dal mondo della scienza e della matematica viene considerato di secondo piano, come se fosse tecnicismo sterile, fine a se stesso, non cultura vera e propria. Temo che la musica stia subendo lo stesso trattamento. A differenza di altre forme d'arte che vengono giustamente approfondite nella dovuta maniera, la musica non segue questo iter e fa ancora più male se pensiamo che l'Italia è stata per secoli lo scrigno della cultura musicale europea". "Ultimamente - dice - sto scrivendo 'musica assoluta', ovvero svincolata da immagini. C'è una rassegna dedicata alla musica sacra contemporanea, organizzata dall'Iprs, Istituto psicoanalitico per le ricerche sociali, che annualmente presenta lavori di compositori contemporanei con formazioni orchestrali miste, con musicisti di ogni parte del mondo, di diverse estrazioni culturali e credo differente. Quest'anno mi hanno chiesto di scrivere un brano per loro. La cosa mi appassiona, prima di tutto perché è nel mio dna la ricerca e la fusione di diverse culture musicali. Credo che ci siano pochi mezzi potenti come la musica in grado di far dialogare le persone di ogni razza, estrazione e nazionalità". Poi perché "comporre questa suite mi ha dato la possibilità di sintetizzare un percorso a latere che nel tempo mi ha visto scrivere progetti legati alla spiritualità; come le musiche per la Bibbia 'The word of promise' o i cd 'Abba Pater' e 'Alma Mater' che hanno avuto come eccezionali protagonisti rispettivamente Papa Wojtyla e Papa Ratzinger. Tutto questo si è concretizzato in 'Multiversus Namaz', una suite di una ventina di minuti che prende spunto dai lavori precedenti e vede come protagonista Yasemin Sannino, meravigliosa artista turca alla quale ho dedicato questo brano. Lavoro spesso con due musicisti eccezionali, Luca Pincini e Gilda Buttà". "Amo - continua - lavorare con i giovani e ultimamente sono stato invitato chiamato a partecipare ad un progetto internazionale che parte dalla Francia: Charte 18/XXI. Sotto l'egida del Teatro della Ville di Parigi altri teatri di tutto il mondo, dalla Pergola di Firenze a teatri di Lisbona, Taiwan, Barcellona, Los Angeles si uniscono con l'intento di produrre spettacoli per i giovani e con i giovani, il titolo Charte 18/XXI, si riferisce infatti a tutti coloro che hanno compiuto il 18mo anno di età nel XXI secolo". "Credo - rimarca Stefano Mainetti - sia un progetto eccezionale che meriti l'attenzione del mondo della cultura e dell'arte. Credo fermamente che da proposte come queste possa derivare un'Europa più coesa e che solo investendo e aiutando i ragazzi a crescere artisticamente ed emotivamente si possa sperare in un futuro migliore".

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