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L'Asl le nega la pillola, lei rimane incinta e chiede 500.000 euro

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L'azienda sanitaria di Teramo trascinata in tribunale

francesca Belotti
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Ha trascinato la Asl in tribunale con l'accusa di non averle dato la pillola del giorno dopo. Per questo ha dovuto affrontare una maternità non voluta. Una donna di 37 anni chiede che l'azienda sanitaria di Teramo le paghi un risarcimento danni di mezzo milione di euro. La seconda udienza davanti al giudice civile, in programma il 12 gennaio, è stata aggiornata a maggio. La storia - Tutto inizia tre anni fa, quando durante un rapporto sessuale tra la donna e il suo compagno si rompe il preservativo. La giovane decide di prevenire una eventuale gravidanza e inizia una sorta di pellegrinaggio tra strutture sanitarie e ambulatori medici, per chiedere la pillola del giorno dopo e interrompere così quella gravidanza non programmata. Il ritardo con cui la sanità pubblica le ha prestato soccorso per interrompere la gravidanza prima della formazione del feto è stato deleterioPer prima cosa prova a chiedere aiuto alla guardia medica di Tortoreto, che però si rifiuta di prescriverle l'anticoncezionale. Il giorno dopo, secondo quanto denunciato dalla donna nell'atto di citazione, tenta la strada del pronto soccorso dell'ospedale di Giulianova. I medici, dopo averla visitata, la indirizzano al reparto di ginecologia. Qui arriva un nuovo categorico no alla pillola. Lo stesso succede anche alla guardia medica di Giulianova dove è stata mandata dai medici. Solo dopo qualche giorno ottiene da un medico ginecologo la ricetta per l'acquisto del farmaco. Ma è troppo tardi. E' trascorso troppo tempo tra l'avvenuto rapporto sessuale e l'assunzione della pillola del giorno dopo. La donna vive 28 giorni in ansia, sperando di non essere rimasta incinta. Ma le successive analisi e il test di gravidanza non lasciano spazio ai dubbi. La 37enne dopo nove mesi partorisce un maschietto. La giovane mamma spera almeno nel sostegno economico e morale del padre del bimbo, ma l'uomo non vuole riconoscerlo. La donna, come sostiene nell'atto di citazione, deve affrontare la gravidanza da sola “subendo un danno morale, biologico, esistenziale, patrimoniale e alla vita di relazione”. “Il ritardo con cui la sanità pubblica le ha prestato soccorso per interrompere la gravidanza prima della formazione del feto”, si legge ancora nella denuncia presentata dalla donna, “è stato deleterio”. Un'omissione considerata grave dalla mamma che ha deciso di chiedere un maxi risarcimento danni alla Asl che le ha vietato la pillola del giorno dopo. Prima di ricorrere alla carta bollata, la donna ha tentato anche di ottenere in via breve un ristoro economico dalla Asl ma senza successo, visto che la sua richiesta di risarcimento non ha avuto nessuna risposta. Ha così deciso di agire con una denuncia trascinando l'azienda sanitaria locale davanti al tribunale civile di Teramo per chiedere giustizia. Ora sarà il giudice a decidere.

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