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Ciancimino, nuovo fango

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"Forza Italia frutto della trattativa con le cosche". Alfano: tentativo di delegittimare il governo

Albina Perri
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Ciancimino, altro round. Nelle dichiarazioni a singhiozzo, oggi è il turno di Forza Italia, che a suo dire sarebbe frutto della trattativa tra Stato e cosche dopo le stragi del '92.  A  riferirlo a Ciancimino sarebbe stato il padre Vito, l'ex  sindaco di Palermo, che secondo il figlio avrebbe avviato dopo il  maggio del 1992 la trattativa con i Carabinieri da un lato e i boss  mafiosi dall'altro. Ciancimino junior sta spiegando al pm Antonio  Ingroia il contenuto di alcuni 'pizzini' all'udienza del processo all'ex generale dei carabinieri Mario Mori e al colonnello dell'Arma Mauro Obinu, imputati, davanti alla quarta sezione del tribunale di Palermo, di favoreggiamento mafioso.  Questa è la terza udienza dedicata alle dichiarazioni del teste. Il pizzino: intendo  portare il mio contributo che non sarà di poco perchè questo triste  evento non si verifichi, sono convinto che Berlusconi potrà mettere a disposizione le sue reti televisive  Secondo quanto sta raccontando in aula Massimo  Ciancimino, nel 1994 Bernardo Provenzano avrebbe scritto un 'pizzino' indirizzato a Marcello Dell'Utri e “per conoscenza”, come dice il  teste, “a Silvio Berlusconi”. Nel documento si legge: “Intendo  portare il mio contributo che non sarà di poco perché questo triste  evento non si verifichi, sono convinto che Berlusconi potrà mettere a disposizione le sue reti televisive”.  Il 'triste evento' a cui si riferisce Ciancimino Junior sarebbe  stato il ventilato sequestro di uno dei figli del Presidente del  Consiglio.  “Mio padre - ha spiegato Ciancimino illustrando il  biglietto - mi disse che questo documento, insieme all'immunità di  cui aveva goduto Provenzano e alla mancata perquisizione del covo di  Riina, era il frutto di un'unica trattativa che andava avanti da anni. Con quel messaggio Provenzano voleva richiamare il partito di Forza  Italia, nato grazie alla trattativa, a tornare sui suoi passi e a non  scordarsi che lo stesso Berlusconi era frutto dell'accordo”. Una  parte del documento, secondo quanto dice in aula il figlio dell'ex  sindaco, sarebbe sparita.  "Sul mio ruolo mi era stato garantito il segreto di Stato". Così ha detto Ciancimino rispetto al suo ruolo sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia e le prime fughe di notizie. "Il capitano De Donno - ha continuato - mi rassicurò. E lo stesso fecero il signor Franco (presunto agente deviato dei servizi) e mio padre (l'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino) - Mi dissero che non sarei mai stato chiamato in nessun processo, "né tu né tuo padre', mi dissero, per trent'anni queste notizie non verranno fuori perché ci sarà il segreto di Stato".  La collaborazione di Ciancimino jr con i magistrati, prima della procura di Caltanissetta e poi di quella di Palermo, avvenne - ha ricordato lui stesso - dopo una intervista aPanorama nel gennaio del 2007. "Ci sono le telefonate, la lettera inviata a Berlusconi che è stata sequestrata in casa mia nel 2005. Come faccio, chiedevo? - ha detto Massimo Ciancimino - Loro invece mi raassicuravano, nessuno ti contesterà l'uso della sim con la quale ci chiamavi, e nessuno ti chiederà della missiva a Berlusconi e Dell'Utri. Era nel 2006. A parlarmi fu un capitano dei carabinieri (sedicente, l'ha definito il pm Antonino Di Matteo), in borghese. Io ero agli arresti Ci sono le telefonate, la lettera inviata a Berlusconi che è stata sequestrata in casa mia nel 2005. Come faccio, chiedevo? Attimi di commozione - I carabinieri e i Servizi segreti sarebbero stati a conoscenza del papello custodito in una cassaforte dell'abitazione all'Addaura di Ciancimino. Ma la cassaforte, fotografata lo scorso luglio dalla Dia, non fu mai trovata nel corso delle perquisizioni effettuate dopo l'arresto per riciclaggio. Il testimone ha riconosciuto le immagini e ne è rimasto turbato e commosso, al punto da richiedere l'interruzione dell'esame.  Salta il controesame- L'esame del pm a Massimo Ciancimino si conclude qui perché ha annunciato di essere stanco e così il Tribunale ha rinviato l'udienza al prossimo 2 marzo nell'aula bunker Ucciardone di Palermo. Alfano: delegittimazione del governo- "Non vorrei vi fosse un tentativo di delegittimare l'azione di un Governo che contrasta la mafia". Così il ministro della Giustizia, Angelino Alfano.  "Non sempre la mafia sceglie l'assassinio fisico - ha sottolineato il guardasigilli, a margine di un convegno della Uil penitenziari - talvolta sceglie la via della delegittimazione" e il Governo Berlusconi "ha fatto con le sue leggi esattamente il contrario di ciò che prevede il 'papello'. La mafia non teme dibattiti e convegni, teme la confisca dei beni e il carcere duro. Noi abbiamo fatto la  normativa di contrasto alla mafia più dura dai tempi di Falcone e Borsellino".

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