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Dossier illegali, "i vertici di Telecom sapevano"

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Nella motivazione ai patteggiamenti dei 16 imputati, il gup di Milano chiama in causa Tronchetti Provera

Eleonora Crisafulli
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La raccolta illegale di informazioni riservate è "una gravissima intromissione nella vita privata delle persone mossa da logiche partigiane nella contrapposizione tra blocchi di potere economici e finanziari, logiche che tendono a beneficiare non già l'azienda come tale ma chi in un dato momento storico ne è il proprietario di controllo". Con queste parole il gup milanese Mariolina Panasiti ha chiamato in causa Marco Tronchetti Provera, all'epoca dei fatti presidente dei consigli di amministrazione di Telecom e Pirelli, e motivato i patteggiamenti di 16 imputati, tra i quali Giuliano Tavaroli e Fabio Ghioni e delle due società. Che Ghioni, il capo del Tiger Team, la struttura di informatici illegale interna a Telecom, avesse agito di sua iniziativa è "palesemente inverosimile, che Tavaroli ( all'epoca responsabile della security, ndr) gestisse pratiche di quel genere nel suo interesse è parimenti altamente improbabile. La ricostruzione degli avvenimenti fornita dai pm e da Telecom e Pirelli è risultata nettamente smentita dall'incartamento processuale. Le due aziende sono pervenute ad una sostanziale accettazione delle contestazioni accedendo all'applicazione delle sanzioni pecuniarie". Secondo il gup "Telecom e Pirelli erano perfettamente consapevoli delle fatture emesse da società estere per un'attività che era formalmente devoluta all'esecuzione di ben individuati, immutevoli e ben conosciuti personaggi come Cipriani e Bernardini". E le fatture gravano sul budget della security nei bilanci delle due società. "I bilanci sono stati approvati regolarmente secondo i meccanismi gerarchici fino ad arrivare ai consigli di aministrazione. In questi sedevano il presidente Marco Tronchetti Provera e l'amministratore delegato Carlo Buora".

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