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In Calabria un miliardo di buco per far morire la gente in corsia

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Corte dei conti: metà delle cliniche da chiudere. I costi annui sfiorano i 4mld. Ecco l'inchiesta di "Libero" sul Mezzogiorno malato

bonfanti ilaria
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Il triste episodio, accaduto lo scorso 13 luglio, ma portato alla luce solo ieri, riguarda una bambina nata all' ospedale di Rossano. La piccola è deceduta mentre stava per essere trasferita in elisoccorso al reparto di Neonatologia dell ospedale dell'Annunziata, a Cosenza. E, sul terribile episodio dai contorni ancora confusi e imprecisati, la Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori sanitari e i disavanzi sanitari regionali ha aperto un'indagine. "Libero", sulla questione della sanità malata nel Mezzogiorno, ha condotto un'inchiesta. di Nino Sunseri - Il ministro Sacconi, con amara ironia, dice che i conti nella sanità in Calabria, prima degli ultimi interventi venivano trasmessi “per tradizione orale”.  Non a caso alla Ragioneria Generale dello Stato, secondo cui il debito sanitario della Regione ha raggiunto il miliardo di euro (ma non ne sono certi), la chiamano «contabilità omerica»: gli incaricati andavano dai dirigenti delle Asl e si facevano dare a voce i numeri di bilancio. E infatti i conteggi sono tutt'altro che consolidati. Potrebbe anche essere possibile che il buco abbia raggiunto la soglia di 1.800 milioni. Tutto dipende dal calcolo dei crediti e dalla possibilità di recuperarli. Operazione non sempre facilissima in una terra dove non sempre le forze dell'ordine hanno il controllo totale del territorio. Gli specialisti di Kpmg, che di bilanci nella loro vita ne hanno visti a milioni, hanno alzato le mani. Hanno bisogno di un supplemento di istruttoria per capire che cosa è successo. Anche perchè la Calabria è l'unica Regione che non copre le spese della sanità con risorse proprie. Arriva tutto da Roma. Ma non è ben chiaro l'ammontare dei trasferimenti.  Più buchi che altro, come sta venendo fuori dalla Commissione Bicamerale di inchiesta sui disavanzi sanitari.  Un quadro di sprechi senza fine.  Contano le gare di appalto e l'erogazione degli stipendi. Il lavoro dei dipendenti si paga a parte.  Nella media della Regione, dove ci sono ospedali da 10-20 posti letto con 100 medici, il rapporto tra produzione e costi, secondo la Corte dei Conti, è del 47,3%. Non a caso andrebbero chiusi diciannove delle trentanove case di cura pubbliche esistenti. I cinque ospedali della Piana di Gioia Tauro producono per 23 milioni di euro, ma ne costano 76 ai contribuenti, 52 dei quali solo per il personale. Complessivamente i dipendenti sono più di 33.500 di cui quattromila medici. Al netto, ovviamente dei precari il cui numero, per definizione, è imprecisato.  In uno degli ospedali della Piana di Gioia Tauro i ci sono addirittura 26 cuochi, anche se il servizio mensa è appaltato all' esterno. Il presidio  di Acri produce per 7 milioni e ne costa 27. Quello di Scilla fattura 12 milioni e costa 36.  A Catanzaro sono riusciti a spendere 924.600 euro per pagare «il personale religioso convenzionato»: 10 suore caposala e due cappellani. Per razionalizzare, invece di chiudere gli ospedali più piccoli, si tolgono materassi e lenzuola, lasciando in piedi tutto il resto. Un po' come succede a Napoli, che vanta la collina più ospedalizzata del mondo: sei nosocomi a poche centinaia di metri l' uno dall' altro con quattromila posti letto. I centri convenzionati per le analisi, in Calabria come in Campania, si sprecano. In Emilia-Romagna ci sono tanti punti di raccolta, ma un centro unico che fa milioni di analisi l'anno: costano 50 centesimi l' una, mentre in Calabria la stessa analisi costa 6-7 euro. La spesa per farmaci rappresenta il 28% della spesa sanitaria, ovvero 213 euro pro-capite nella media nazionale: a Bolzano però sono 149, in Toscana 175, nel Lazio diventano 251, in Sicilia 266 e in Calabria 277 euro. Per la verità nel tentativo di arginare le spese della sanità in Calabria sono state trovare soluzione non prive di fantasia. Era il 28 novembre del 2006 quando la Giunta Regionale, assessore Lo Moro, con una mossa a sorpresa e dall'aria fortemente innovativa nominò i nuovi manager della sanità calabrese. A Crotone ci mandarono perfino un tedesco, Thomas Schael, che rivoltò l'azienda come un calzino. Subì un forte isolamento politico, fu rimproverato per le sue "ispezioni a sorpresa", rimosso quando denunciò la presenza di un buco nell'azienda crotonese di 70 milioni di euro. Non fu un gran successo. Dalle regioni del Sud, secondo i dati della Corte dei Conti, l' 8,8% dei malati fugge al nord per curarsi. Ne scappano 63 mila l' anno dalla Campania, 54 mila dalla Calabria, 37 mila dalla Sicilia. E tutto questo costa. I 12 miliardi di debito accumulati fino al 2005 sono stati tamponati con i prestiti del Tesoro che le Regioni (le solite) dovranno ripagare entro il 2037. Ammesso che il problema, e la Corte dei Conti dubita fortemente, si sia risolto. Forse la sanità non è più «la casa allagata con il rubinetto aperto» come si diceva una volta. Ma resta ancora, per molti, un albero della cuccagna.

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