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Kashmir, date alle fiamme altre tre scuole cristiane

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La notizia è trapelata solo oggi. Continuano gli scontri nonostante le città blindate e l'attuazioen del coprifuoco

Tatiana Necchi
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Non sarebbe solo la scuola missionaria cristiana di Tangmarg a essere finita nell'occhio dei mussulmani del Kashmir. A quanto si apprende dall'agenzia di stampa cattolica AsiaNews, infatti, nella giornata di ieri sarebbero stati altri tre gli istituti scolastici dati alle fiamme dai dimostranti, inferociti dall'ormai celeberrima provocazione del reverendo Jones di bruciare il corano in occasione dell'11 settembre. Secondo la fonte ufficiale, a essere attaccate sarebbero state la Good Shepherd School di Pulwana e le protestanti Christ School e Christ Mohalla School, entrambe nella città di Pooch. A differenza di quanto avvenuto nella scuola di Tangmarg, la polizia sarebbe intervenuta tempestivamente, riducendo i danni alle tre istituzioni ed evitando che la situazione potesse sfuggire di mano. Tuttavia, nonostante le misure straordinarie adottate dalle autorità governative, la zona del Kashmir indiano, resta nel caos. Nemmeno l'introduzione del coprifuoco è servita ad allentare la tensione, con migliaia di persone ancora in strada a intonare slogan anti-indiani e anti-americani e a bruciare le fotografie di Barack Obama. Anche  stamani, infatti, la popolazione ha sfidato le misure restrittive ed  è scesa in piazza a Khanpora, nel distretto di Baramulla, dove si è registrata una sassaiola contro le forze paramilitari dispiegate nella  zona. Gli agenti sono ricorsi al lancio di gas lacrimogeni per disperdere la folla. Il primo bilancio parla di almeno un dimostrante ferito. Le autorità federali indiane hanno disposto lo spiegamento di migliaia di poliziotti nel Kashmir. A Srinagar, la capitale estiva dello stato, le strade sono presidiate da pattuglie di uomini pesantemente armati e sono stati sospesi per tre giorni tutti i voli. Nella città settentrionale di Baramulla ci sono stati violenti scontri tra la polizia e gli abitanti, che hanno improvvisato sassaiole contro gli agenti. Polveriera Kashmir  - In questa zona dell'Asia, tuttavia, bisogna sottolineare come gli scontri siano quasi all'ordine del giorno, non solo per motivi religiosi. Da giugno si contano almeno 79 morti, tra i quali molti giovani, in proteste di stampo indipendentista. La maggior parte delle vittime è stata uccisa in scontri con la polizia. La popolazione accusa i paramilitari di essere responsabili delle morti. A innescare l'escalation di violenze, tre mesi fa, è stata l'uccisione di un 17enne durante una manifestazione. Per la prima volta, dopo molti anni le autorità indiane hanno deciso di dispiegare nel Jammu e Kashmir migliaia di soldati, dopo aver accusato i militanti di Lashkar-e-Taiba, gruppo separatista con base in Pakistan, di aver fomentato le proteste. Dal 1989, la battaglia dei separatisti del Kashmir è costata la vita a 100mila persone.

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