Il Pdl fa quadrato con il premier
di Marco Gorra
Nella domenica in cui i ruoli si invertono ed è Gianfranco Fini a chiedere a Silvio Berlusconi di dimettersi, il PdL fa quadrato. A cominciare dal Cavaliere. "Se Fini vuole la crisi venga in Aula a votare la sfiducia", si sfoga a caldo il capo del governo coi suoi. Nonostante il discorso di Fini sia stato più duro di quanto preventivato, il capo del governo e i suoi collaboratori non lo considerano come una dichiarazione di guerra. Nemmeno il ritiro della delegazione finiana dal governo sarebbe vissuto come apertura delle ostilità. Se crisi deve essere, si ragiona a Palazzo Grazioli, è in Parlamento che dovrà accadere. Questa la premessa, la linea del partitone è: respingere al mittente le richieste del presidente della Camera. Se c'è qualcuno che si deve dimettere, quello è l'inquilino di Montecitorio, non certo quello di Palazzo Chigi. Il solco dell'ufficialità lo traccia il portavoce del PdL, Daniele Capezzone: "Le dimissioni che sarebbero necessarie sono quelle di chi, come Gianfranco Fini, usa la terza carica dello Stato per condurre una battaglia di fazione e contraria alla volontà popolare". Linea ribadita dai maggiorenti azzurri Sandro Bondi e Fabrizio Cicchitto: "Il discorso pronunciato oggi da Fini", accusano il ministro dei Beni culturali ed il capogruppo del PdL alla Camera, "getta alle ortiche con una spregiudicatezza imbarazzante un impegno comune di quasi vent'anni, liquida una parte cospicua del patrimonio della destra italiana, tenta di distruggere alcuni punti fondamentali dell'impianto riformista del governo e risponde con la richiesta di una crisi al buio alla prospettiva positiva indicata dal presidente Berlusconi. In questo modo fini si e' assunto una responsabilita' gravissima di fronte al paese e di fronte agli elettori di centro destra". Ribadisce il concetto il ministro delle Infrastrutture ed ex colonnello di An Altero Matteoli: "Il premier non ha alcuna intenzione di aprire una crisi al buio che avrebbe risvolti davvero drammatici per il Paese. Berlusconi non si dimetta e vada avanti". Nel ragionamento del ministro, c'è spazio per un'altra considerazione: