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Bossi fissa l'agenda:

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prima di tutto il federalismo

Albina Perri
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“Prima c'è il federalismo, poi, eventualmente, ci sarà la riforma sulla giustizia. Ma eventualmente”: è l'indicazione al governo che arriva direttamente dal leader della Lega Nord, Umberto Bossi. Poi una precisazione dopo che gli viene fatto votare come Berlusconi abbia chiesto di accelerare proprio sul tema della giustizia: “E' lui il presidente del Consiglio. E' lui che comanda il consiglio dei ministri. E se lui propone quella roba si va avanti. Però prima c'è il federalismo. Poi discuteremo la riforma sulla giustizia”. Concludendo, Bossi si è però detto certo che questa volta “il federalismo passa”. Gli fa eco il capogruppo dei lumbard alla Camera, Roberto Cota, per il quale “il federalismo fiscale è una priorità assoluta, l'unica forma strutturale per uscire dalla crisi economica”. Il leghista ha quindi invitato il ministro della Giustizia Alfano a riferire in Parlamento sulla riforma della giustizia, indicando che i paletti “devono essere la separazione delle carriere, il ritorno alla polizia giudiziaria di competenza per quanto riguarda le indagini preliminari e la riforma del Csm”. Nel centrodestra nessuno si è particolarmente scomposto, ma c'è chi ha voluto aggiustare un po' il tiro dell'uscita di Bossi. “I tempi del federalismo li abbiamo già fissati e non subiranno rallentamenti – ha fatto sapere Ignazio La Russa - ma le Camere sono due e a gennaio si può iniziare l'uno e l'altro, se fosse necessario. Quindi, Bossi non tema”. Mentre la sua collega di partito, Giulia Buongiorno, ha voluto far sapere che comunque una riforma del sistema giudiziario è fondamentale alla luce anche delle ultime polemiche legato al caso De Magistris. Gaetano Quagliariello è linea al contrario con le parole di La Russa: “Il federalismo? E' un questione di calendario e la Lega sia tranquilla che lo rispetteremo”. In mattinata erano arrivate anche le dichiarazione di Pierferdinando Casini per l'Udc: un invito, il suo, ad operare ad una riforma della giustizia lasciando fuori dalla porta l'Italia dei valori di Antonio Di Pietro, con la richiesta che fosse proprio il Partito democratico a prendere le distanze dall'ormai ex alleato. Il dialogo tra Popolo della libertà e Pd è invece al centro dell'intervista a Luciano Violante pubblicata questa mattina sul Corriere della sera: “Maggioranza e opposizione devono fare time out, azzerare il contenzioso reciproco e discutere, senza presentare pacchetti già chiusi da prendere o lasciare. Al centrosinistra direi: fare la riforma della giustizia insieme al centrodestra non è un favore fatto a Berlusconi, è un dovere nei confronti del Paese”. Anche perché “negli ultimi decenni il potere delle diverse magistrature è cresciuto a dismisura”.

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