Menardi: "Lascerò il Fli". Per Fini è sconfitta totale
Crac futurista: senza il senatore a Palazzo Madama i finiani sono nove e non hanno più il numero legale (dieci) per essere rappresentati
Giuseppe Menardi ha annunciato il proprio addio al gruppo di Futuro e Libertà al Senato, decretando di fatto la scomparsa dei futuristi a Palazzo Madama. "La mia esperienza all'interno del gruppo. Per me il percorso si è concluso domenica con il nuovo organigramma del partito. Io torno nei confini della maggioranza parlamentare". Un bruttissimo colpo per il partito fondato da Gianfranco Fini. Politico, perché rafforza la posizione di Silvio Berlusconi. E numerico, perché lo stesso gruppo di Fli al Senato ora, sarebbe ridotto a nove elementi, mentre il numero minimo è di dieci. La rottura decisiva è arrivata poche ore dopo il voto in Aula sul decreto Milleproroghe, che ha visto i futuristi schierarsi su posizioni differenti. Un misto di decisioni di merito, di assenze forzate, di scelte deliberate in dissenso ed è stato subito 'ordine sparso'. La crisi a meno di 24 ore dalla vicenda Viespoli (su cui i senatori Fli si erano dimostratti compatti) era stata annunciata dallo stesso Menardi, dopo il voto al Senato. "Il gruppo - aveva detto - esiste formalmente e non so per quanti giorni o ore. Certo, non saranno tempi biblici". La reazione più dura arriva da uno dei cosiddetti falchi finiani, Fabio Granata: "Abbiamo già pagato un prezzo troppo alto a chi stava con noi per 'frenarci'. Ora basta". "Il progetto di Futuro e Libertà - ha continuato - è affidato alla passione dei militanti e alla nostra determinazione. Mi auguro che nessuno abbandoni il movimento ma sono anche consapevole che Sel è al 9% senza avere gruppi parlamentari. Sono le idee e la passione politica a radicare i movimenti, non il numero dei parlamentari". FIDUCIA FATALE - Sul Milleproroghe, Viespoli, Mario Baldassarri, Maurizio Saia e Giuseppe Valditara hanno votato contro, , Franco Pontone e Maria Ida Germontani si sono astenuti (voto comunque contrario) , Barbara Contini ('infortunata' per una caduta) è arrivata a Palazzo Madama dopo la fiducia mentre Menardi è rimasto fuori dall'Aula "in dissenso" dal no del gruppo. Assente giustificato il febbricitante Candido De Angelis mentre Egidio Digilio ha spiegato: "Non ho votato perché non ho partecipato alla votazione. Non ho partecipato alla votazione perché non ero in aula... Ci fossi stato, avrei votato contro. Non c'è nessuna strategia, sia chiaro, nessuna titubanza. Sono e rimango nel Fli". GIANFRANCO SE NE FREGA - Spiegazioni più o meno valide, più o meno fantasiose, che non risolvono comunque i gravissimi problemi in seno al neonato partito, anzi. Per tutto il giorno Viespoli ha tenuto a rapporto il suo manipolo per cercare di superare freddezze e frizioni. L'oggetto del contendere è ancora il ruolo di presidente vicario di Italo Bocchino, scelto daFini come timone del partito e 'incoronato' con le nomine decise all'Assemblea Costituente di Milano, domenica scorsa. Ieri sera Gianfranco dopo le dimissioni rientrate del suo luogotenente ha commentato la vicenda con uno sprezzante "Non cambio linea...". Ora, però, non potrà più far finta di niente.