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Camera, tutti contro "La Rissa". Fini? Deve lasciare

Prescrizione breve: alla Camera Ignazio aizza, Gianfranco reagisce. Con buona pace del ruolo di garnazia. / CARIOTI

Giulio Bucchi
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A Ignazio La Russa si consiglia un corso di educazione e sopportazione curato dal maestro Gianni Letta. Vedere in aula il ministro della Difesa adeguare il proprio standard comportamentale a quello dei trogloditi che poco prima lo avevano insultato in piazza Montecitorio è stato un triste spettacolo. Quando si rappresenta il proprio Paese bisogna saper marcare le distanze dai cavernicoli, anche se questi ti hanno appena tirato le monetine. E quando si è coordinatore di un partito che rappresenta un terzo degli italiani si ha la responsabilità di evitare gesti in grado di danneggiare il proprio schieramento e il governo. Le escandescenze dell'imitatore di Fiorello, che possono costargli anche la sospensione dalla Camera dei deputati, rischiano pure di far passare in secondo piano, o peggio di giustificare, le colpe degli altri protagonisti della vicenda. A iniziare dai vertici del Pd, che hanno organizzato la manifestazione alla quale si sono poi aggregati dipietristi e futuristi. L'altro colpevole è Gianfranco Fini: dare del «cocainomane» a La Russa, come ha fatto ieri il presidente della Camera a microfoni spenti in risposta al «vaffa» dell'ex camerata, non è stato un esempio di imparzialità e lucidità, e rende ragione a chi sostiene che un incarico tanto importante non può essere affidato a un personaggio gonfio di rancori verso il PdL. Tutto è partito dai leader del Pd, i quali non hanno compreso o fingono di non capire che scelte come quella di ieri mettono in moto forze belluine che un partito inesistente come il loro non è in grado di controllare. Alla richiesta della maggioranza di anticipare i tempi per l'approvazione della legge sul processo breve, il Pd ha risposto chiamando la mitica «società civile» a protestare davanti alla Camera. «Basta con le amnistie personali, con le prescrizioni brevi, con le bugie, con le intimidazioni alla magistratura. Basta con l'umiliazione del Parlamento», si legge nella convocazione in cui si annunciava la presenza alla manifestazione di Pier Luigi Bersani, Rosy Bindi e altri leader del partito. Presenti pure militanti dell'Idv e altri indignati vari, mentre l'immancabile Fabio Granata di Fli rivendicava con orgoglio che «in piazza per la legalità ci sono anche i giovani chiamati a raccolta da Il Futurista a manifestare davanti Montecitorio. Sono in gioco questioni fondamentali di legalità repubblicana». Ovviamente la società civile è tale solo nelle favole, e dal «presidio democratico» al lancio di monetine e agli insulti urlati in faccia il passo è stato brevissimo. La Russa è uno di quelli che ne hanno fatto le spese. Tornato in aula visibilmente alterato, il ministro prima ha risposto «non mi rompere» al presidente della Camera che voleva bloccare il suo sfogo, quindi lo ha spedito direttamente a quel Paese. La terza carica dello Stato, adirata, ha sospeso la seduta, chiuso i microfoni e invitato il ministro a curarsi, accusandolo - come raccontano i tanti che erano accanto a Fini - di essere un «cocainomane». È l'ennesima conferma che l'aula di Montecitorio non può essere guidata da un uomo che ha appena fondato un partito il cui obiettivo dichiarato è la fine politica di Berlusconi e del PdL: laddove servirebbero sangue freddo e distacco, c'è un presidente della Camera sin troppo coinvolto nella polemica con il Popolo della libertà e risentito con gli ex aennini rimasti al fianco di Berlusconi. È anche la dimostrazione che avevano ragione i politologi di Fare Futuro, Sofia Ventura e Alessandro Campi, quando insistevano affinché Fini si dimettesse dalla presidenza di Montecitorio: la sua presenza in quel ruolo fa male a Fli e alla Camera. Su La Russa, invece, c'è l'aggravante di aver fornito il pretesto giusto a chi non aspettava altro per dare il via alla faida dentro al PdL. La guerra civile nel partito del premier è esplosa subito dopo lo scambio di insulti con Fini: gli ex An contro gli ex forzisti, i pasdaran di Claudio Scajola contro l'attuale assetto del partito. Tensioni che covavano da tempo e che ieri hanno potuto trovare libero sfogo: l'ultima cosa di cui avevano bisogno Berlusconi e il governo in un momento come questo. Adesso servirà un miracolo del Cavaliere per impedire una lunga serie di morti e feriti. Ma se quello che è accaduto ieri mentre il premier era in trasferta a Lampedusa è stato un anticipo di ciò che avverrà al PdL quando Berlusconi sarà fuori dalla politica, che Dio aiuti il centrodestra. di Fausto Carioti

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