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Caselli e Colombo, ecco i pm superstar: un processo contro Cavour e Andreotti

Gian Carlo collabora a uno show contro Giulio, Gherardo a uno spettacolo anti-Camillo. Un bel clima... / BORGONOVO

Giulio Bucchi
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Si può anche essere d'accordo con Corrado Augias e Giorgio Ruffolo quando scrivono che «c'è sempre, in ogni processo, una naturale drammaticità, diciamo pure una componente teatrale». Ma un conto è l'odore di fiction che si respira nelle aule di tribunale e che ha ispirato  film e libri gialli;  un altro paio di maniche è quando il teatro diventa teatrino e a stretto giro circo mediatico-giudiziario. Il capolavoro incontrastato della giustizia spettacolo andrà in scena a breve -  in direttissima più  che in diretta - con la sfilata di vip, ballerine e qualche nano prevista in occasione del procedimento in cui è coinvolto Silvio Berlusconi per le note faccende di Ruby e bunga bunga. Da un allibito George Clooney a Belen, attendiamo con ansia l'apparizione del pagliaccio Baraldi onde completare la fiera porno-processuale. Per ingannare l'attesa della sceneggiata, tuttavia, abbiamo a disposizione sceneggiature d'eccezione. Una l'hanno scritta i succitati Augias e Ruffolo. Si tratta di una pièce  intitolata Processo a Cavour, la quale vanta come stella sul palcoscenico l'ex divo di Mani Pulite Gherardo Colombo nel ruolo dell'accusatore. Ieri sera lo si poteva ammirare al teatro Ciak-Fabbrica del vapore di Milano, ma la tournée è ricca di apparizioni in giro per lo Stivale.Colombo ha rispolverato la toga e si accanisce contro l'imputato Camillo Benso (interpretato da Ruggero Cara) nemmeno fosse il Cavaliere. La pretesa è quella di raccontare l'Italia di oggi, come si evince da battute dell'accusatore (dal testo originale): «Signor Conte! Ma lei li legge i giornali? Ma non vede com'è ridotta la sua Italia? Le ruberie, gli scandali, lo sfacelo del tessuto morale senza il quale... La criminalità che influenza perfino la formazione dei governi?!». Ah, il tessuto morale. Sarebbe ottimo per un tappeto, probabilmente. Saremo anche maliziosi, ma resta il dubbio che  la filippica sui mali del Paese e sui criminali al governo, più della Torino savoiarda, interessi l'Arcore berlusconiana. Del resto, Colombo non è nuovo a intemerate storico-polemiche. Qualche tempo fa, per esempio, vergò un'introduzione al Grande Inquisitore di Dostoevskij, divenuto come per magia un nemico di Silvio ante litteram. Per un ex magistrato che si misura col risorgimento, un altro giudice preferisce cimentarsi con fatti più recenti e che in qualche misura lo riguardano. Gian Carlo Caselli, che a Palermo istruì il processo a Giulio Andreotti, fa da supervisore allo spettacolo  L'innocenza di Giulio, in scena da oggi a Milano al Teatro della Cooperativa. Nel ruolo del grande vecchio democristiano c'è Giulio Cavalli, sistemato su un inginocchiatoio. Dovrebbe essere una dimostrazione di «teatro civile», in attesa di capire quale sia quello incivile. Al Fatto quotidiano Caselli ha dichiarato di essere molto soddisfatto del risultato: «Spero che L'innocenza di Giulio possa contribuire a fare chiarezza su una vicenda che ancora oggi è deformata e sconosciuta». Il giornale di Travaglio si premura di informarci che nel titolo la parola «innocenza» è ovviamente ironica. Se non lo si può mandare in galera nella realtà, spediamocelo almeno dalla platea. Chi  si è fatto volentieri inquisire sul palco, a fine marzo, è stato Nichi Vendola. Il governatore pugliese si è esibito al Petruzzelli di Bari nei panni di Masaniello, sottoponendosi per gioco al giudizio di una Corte. Pure in questo caso faceva capolino un giudice (in carne e toga): Antonio Laudati, procuratore di Bari e membro del comitato «Organizzare la giustizia» che ha promosso la rassegna teatrale. Curiosità: Laudati si è occupato dell'inchiesta sulla sanità... in Puglia. A proposito, sapete chi interpretava l'accusatore di Vendola-Masaniello? Caselli, lo stesso di prima. Senza offesa: è quasi più divo lui di Andreotti. Armando Spataro, procuratore della Repubblica aggiunto presso il Tribunale di Milano, si è invece accontentato  di testi più pop. Ha preferito commentare le liriche di Bob Dylan in un convegno all'Università Cattolica dal titolo: «Per vivere fuori dalla legge bisogna essere onesti». Il pubblico applaude i pm. Sipario.

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