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Alfano avvisa la sinistra: "Monti non è uno yogurt"

Il Pdl al premier che minaccia di lasciare: "Il governo non ha data di scadenza". Ma Bersani non ci sente: "Cambi la riforma del lavoro"

Matteo Legnani
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Botta e risposta, tra il leader del Pdl Angelino Alfano e il segretario del Pd Pierluigi Bersani, dopo le parole del presidente del Consiglio Mario Monti che "ha minacciato" di lasciare l'incarico "se l'Italia non è pronta" alla riforma del lavoro. Bersani ha assicurato di non vedere "all'orizzonte una crisi di governo sulla riforma del lavoro", ma è tornato a dire che "la riforma va cambiata. Quando ci sarà un approfondimento sereno si vedrà che il tema che abbiamo sollevato non è affatto ideologico", ha aggiunto il segretario del Pd. "Dal salva-Italia alle liberalizzazioni, i provvedimenti si sono sempre cambiati". Alfano, da parte sua, ha ribadito la bontà della riforma preannunciata dal governo: "Siamo d'accordo con Monti - ha detto intervenendo alla conferenza nazionale del Pdl a Milano - o facciamo una buona riforma o niente riforma. Nessuna riforma perchè se dobbiamo fare una riformetta fra 5, fra 6, fra 7 mesi, allora aspettiamo un anno. Tra 12 mesi ci saranno le elezioni politiche, se vincerà la sinistra farà la sua riforma dettata dalla Cgil. Se, come penso, vinceremo noi faremo la nostra riforma proseguendo il cammino delle idee di Marco Biagi. Ma se oggi c'è la condizione per fare una buona riforma del mercato del lavoro - ha aggiunto - noi alziamo la mano e diciamo che ci siamo. Se vogliono trascinarci verso una riformetta, allora aspettiamo un anno e realizziamo le idee di Marco Biagi, così come noi abbiamo pensato di declinarle nella pratica". Poi, in merito alla durata dell'incarico a Monti, il numero uno del Pdl ha aggiunto: "Noi non abbiamo mai considerato  il governo del Paese come uno yogurt con la data di scadenza. Si regge sui risultati. Ci auguriamo che arrivino perchè noi siamo molto preoccupati, quando una parte estrema della Cgil condiziona la Cgil, e la Cgil condiziona il Pd, e il Pd condiziona il governo, che è il governo dell'Italia. Quindi vuol dire che l'Italia per una transitività non troppo acrobatica è condizionata da una parte estrema della Cgil, cioè dalla Fiom".  

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