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Il Pdl adesso è sparito: esiste il partito delle tasse

Socci fa qualche domanda ad Angelino Alfano. Gli azzurri volevano meno tasse, ma siamo uccisi dal fisco. Alfano deve delle spiegazioni

Andrea Tempestini
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Chi l'ha visto? Che fine ha fatto il Pdl che appena un anno fa era il primo partito del Paese, il più rappresentativo? Non che le cronache politiche non ci informino su ciò che il Pdl fa dentro il Palazzo (i colloqui con Monti, col Pd e l'Udc, le liti interne per i congressi e le amministrative e cose del genere). Ma è con il Paese e in particolare con i propri elettori che il Pdl non parla più. Da molto tempo sembra aver chiuso totalmente le comunicazioni. Ed è un fenomeno incomprensibile per una formazione politica che ha sempre fatto del filo diretto col Paese (anche attraverso l'uso sistematico dei sondaggi) uno dei suoi tratti caratteristici, rivendicati come modernità. Oggi la sensazione di quel vasto elettorato moderato che è il naturale serbatoio di voti del centrodestra è quella, desolante e irritante, di essere stato completamente abbandonato e addirittura tradito da coloro a cui aveva dato il voto, portando il Pdl al governo. E infatti oggi i sondaggi sono catastrofici. Ma il crollo a picco nei consensi va avanti da tempo, oramai è arrivato attorno al 20 per cento, e – quel che sorprende – nessuno sembra darsene pensiero. Almeno pubblicamente. Non si vedono né riflessioni allarmate negli organi dirigenti della formazione di centrodestra (ma esistono? Hanno mai funzionato?), né iniziative politiche. Sembra quasi che si ritenga irrilevante. Se si considera che solo alle ultime elezioni del 2008 il Pdl ha preso il 38 per cento e che i sondaggi attualmente lo collocano fra il 20 e il 21 per cento, siamo a un apocalittico dimezzamento dei voti virtuali. È possibile tenere in non cale un dato simile? Eppure non è difficile capirne la causa. Gli elettori di centrodestra non hanno improvvisamente cambiato le loro idee, buttandosi a sinistra. Nient'affatto. A loro sembra vero l'esatto contrario, cioè che sia proprio il centrodestra ad averli abbandonati e ad aver abbracciato una politica che è il contrario di quella per cui aveva chiesto e ottenuto i voti. SFIDUCIA RECORD Lo si desume dal fatto questo elettorato moderato negli attuali sondaggi non va a scegliere altri partiti, ma si rifugia nel non voto. Infatti tale area oggi è attorno al 50 per cento. I voti del Pdl sono tutti lì. Nella terra di nessuno, della sfiducia verso tutti. Lo stato d'animo dell'elettorato moderato è quello di chi si sente d'improvviso bersagliato dalla dura politica del governo Monti e senza rappresentanza politica, senza difesa. È uno stato d'animo provocato dai fatti che la gente tocca dolorosamente con mano ogni giorno. Quello che accade ha dell'incredibile. Forza Italia prima e il Pdl poi si sono connotati sempre, fin dall'inizio, per una serie di “mission” molto concrete  e sintetizzate in slogan che coglievano proprio le aspettative degli italiani. Ricordo i principali: «Meno tasse per tutti», «un milione di nuovi posti di lavoro», «più società meno Stato». A proposito del primo – «meno tasse per tutti» – stiamo raggiungendo il record mondiale fra i paesi più tartassati, a proposito del secondo la disoccupazione è in crescita e si parla casomai di licenziamenti e anche riguardo al terzo slogan si è verificato l'esatto contrario: lo Stato è sempre più vessatorio e invadente nella vita dei cittadini, tanto che perfino il garante per la privacy, il 13 marzo scorso, è arrivato ad affermare ufficialmente che le recenti misure rappresentano «strappi forti allo stato di diritto». Come se non bastasse il centrodestra ha sempre rivendicato di aver determinato la nascita del bipolarismo, con la scelta del premier e del governo da parte degli elettori. Mentre adesso il Pdl ha appena concordato con Pd e Udc una riforma della legge elettorale che – a quanto pare – fa marcia indietro su tutto. La ciliegina sulla torta: il Pdl ha avuto come connotato politico la lotta agli elementi di comunismo che avevano caratterizzato la nostra storia e oggi ci ritroviamo con un presidente della Repubblica che fu dirigente del Pci di Togliatti e che è il vero Motore immobile di tutta la politica italiana. Siamo nelle sue mani e nelle mani dei compagni cinesi di cui siamo appena andati a mendicare gli investimenti. Nessuno nega che il ciclone della crisi finanziaria partita dagli Usa nel 2008 stia sconvolgendo tutto il mondo. Ma non si capisce perché non si spieghi al Paese ciò che accade a noi e che provoca certe scelte politiche. Siamo passati attraverso l'estate di fuoco dello spread con le successive stangate, poi le dimissioni del governo di centrodestra, quindi la nascita di un governo tecnico sostenuto nientemeno da una maggioranza formata dagli antichi nemici: Pdl, Pd e Udc. E oggi constatiamo l'entusiastico appoggio del Pdl alle politiche del governo Monti. TUTTO TACE Tutto questo senza che il partito del centrodestra abbia mai sentito il dovere di parlare agli italiani, o almeno ai suoi elettori, e spiegare cosa stava accadendo, perché venivano fatte certe scelte, perché lo scenario era totalmente cambiato. E dove stiamo andando. Eppure è impressionante andarsi a rileggere i punti programmatici della campagna elettorale del Pdl nel 2008. In dodici paginette furono condensate «Sette missioni per rilanciare l'Italia». Rileggiamole oggi col senno del poi: «Rilanciare lo sviluppo» (e ci siamo trovati a un passo dal default e oggi in piena recessione), sostenere la famiglia, anche con la totale abolizione dell'Ici sulla prima casa (e la famiglia è stata messa letteralmente ko, adesso pure dal ripristino del'Ici/Imu, ben più pesante del passato), abbassare la pressione fiscale sotto il 40 per cento (e la pressione fiscale negli ultimi otto mesi è salita di due punti, dal 44,7 per cento al 46, 5 per cento, ma salirà fino al 50 per cento entro i due anni, quando saranno andate a regime tutte le stangate). Stendiamo un pietoso velo sugli altri punti del programma: aumento delle pensioni più basse, piena occupazione, più servizi ai cittadini (sanità, scuola, ricerca e ambiente), sostegno alle imprese (è notizia di queste ore il record di fallimenti fra le imprese: 12mila hanno chiuso, persi 50mila posti). Si impegnarono pure, sul fisco, a «mettere fine» fu detto allora «a questa atmosfera di minacce e terrore che Visco e Prodi hanno introdotto nel Paese». Oggi, col governo Monti, viene quasi da rimpiangere Visco. Possibile che la principale formazione politica del Paese, che è andata al governo con un certo programma, non senta il dovere di spiegare cosa è successo e cosa sta accadendo? Il centrodestra è stato anche accusato dalla Sinistra di aver sottovalutato per mesi e mesi l'arrivo della tempesta e aver portato il paese sull'orlo della bancarotta. NUOVI SCENARI Possibile che il Pdl non abbia sentito il dovere di dare una risposta completa e argomentata a questo micidiale atto d'accusa? Eppure risposte ce ne sarebbero. Oltretutto il pareggio di bilancio che sarà raggiunto l'anno prossimo sarà perlopiù merito delle manovre del governo di centrodestra. Ma il Pdl è ancora interessato a farsi capire dagli italiani, a chiedere il loro voto, a far politica? Vuole continuare ad esistere e a competere per la guida del Paese o ha ormai in mente un'altra architettura politica, con altri gruppi e altre leadership (magari quelle emerse nel governo tecnico)? Probabilmente c'è qualcosa del genere nell'aria. Ma si ha almeno il dovere di spiegarlo all'opinione pubblica. Soprattutto dovrebbero spiegarci se, come e perché le stangate che abbiamo subito e quelle a cui siamo sottoposti dal governo attuale «salveranno» davvero l'Italia. Non è giusto che gli unici a metterci la faccia e a parlare al Paese siano Monti, Fornero o Passera, perché non sono stati loro a presentarsi alle elezioni, a chiedere il nostro voto e non sono loro a votare questi provvedimenti in Parlamento. Se il Pdl è ancora in vita, batta un colpo. Ma non nel Palazzo. di Antonio Socci www.antoniosocci.com

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