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Le islamiche non aprono la porta ai messi comunali: sono uomini

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Enrico Paoli
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C’è modo e modo per onorare la festa dell’8 marzo. Soprattutto da parte degli uomini. Perché c’è chi si limita al rituale della mimosa, quasi a volersi lavare la coscienza, o chi ne approfitta per lanciare un messaggio chiaro sulla condizione delle donne, innescando una seria riflessione. Come ha scelto di fare il sindaco di Sesto San Giovanni, Roberto Di Stefano, dedicando un pensiero alle donne musulmane residenti nel nostro Paese, spesso vittime della loro stessa cultura. Molte di loro, in nome di assurdi precetti religiosi, arrivano sino al punto di non ritirare le notifiche comunali, se il messo è un uomo.

Da qui, dalla constatazione di questa amara e drammatica realtà, l’idea del pensiero del sindaco di Sesto alla donne islamiche. «Da tempo, purtroppo, accadono episodi spiacevoli in città che riguardano i messi notificatori del Comune. Ci viene riportato che non vengono ricevuti dalle donne musulmane», afferma l’esponente della Lega, «gli uffici mi hanno riferito che numerose donne di fede islamica si rifiutano di ricevere le notifiche fondamentali del Comune di Sesto San Giovanni se a consegnarle è un uomo. In base a ovvie imposizioni di tipo religioso viene impedito alle donne di avere contatti con uomini». E di fronte al racconto del sindaco dell’ex Stalingrado d’Italia, oggi governata dal centrodestra, la mente corre rapida al concetto d’integrazione, calpestato e disatteso da chi vorrebbe islamizzare l’Italia. L’8 marzo, per quelle donne con il velo, non è affatto una festa, ma sofferenza.

 

 


Quanto al mancato ritiro dei documenti, «questo comporta, spesso, che il messo notificatore lasci la notifica nella casella della posta e che il giorno dopo la famiglia si rechi in comune per ritirare il documento che doveva essere consegnato. Ovviamente il giorno dopo, succede che se viene incaricata una donna di ritirare la documentazione vuole rivolgersi solo a sportelli in cui ci sia una donna», racconta ancora Di Stefano, sottolineando come sia del tutto evidente «il caso di discriminazione al contrario». «Se da una parte il sindaco non può cambiare i regolamenti e i concorsi scegliendo esclusivamente personale femminile per i messi notificatori», spiega il primo cittadino, «perché sarebbe una discriminazione di sesso vietata dalla Costituzione, dall’altra parte è evidente come alcune famiglie musulmane non abbiano nessuna intenzione di integrarsi. L’integrazione passa dal rispetto della nostra cultura e del diritto, prima di tutto». In teoria, nella pratica tutto ciò non avviene. Del resto anche i giovani figli di immigrati, quindi di seconda generazione, fanno di tutto pur di non integrarsi, accusando gli italiani di non sapergli accogliere. Come se la colpa fosse nostra, insomma.

«Purtroppo non posso forzare le regole dei concorsi pubblici per scegliere solo messi di un determinato sesso, ma per fortuna, a brevissimo, grazie a un finanziamento Pnrr per la digitalizzazione dei servizi», spiega Di Stefano, «entreremo nella piattaforma nazionale delle notifiche digitali. Certo, ciò non toglie il problema di una cultura abusante che viola i più elementari diritti ed è proprio alle vittime di questa cultura che va il mio pensiero nella Giornata Internazionale della Donna con una ferma convinzione: nessun compromesso per consolidare culture inaccettabili in Italia e fortemente discriminatorie nei confronti delle donne». Che la questione sollevata dal primo cittadino di Sesto San Giovanni sia particolarmente seria lo conferma il fatto che la sinistra, durante la campagna elettorale per le comunali del 2022, vinte da Di Stefano, era tornata a cavalcare l’idea della moschea in città, con il chiaro intento di assecondare il mondo islamico. Come spiega bene il sindaco nel suo messaggio alle donne, il vero nodo da sciogliere non sono i luoghi di culto, ma l’accettazione delle regole e delle leggi del nostro Paese. Solo se si parte da lì l’integrazione può diventare una realtà e non restare quel miraggio che è oggi. Tanto a Sesto San Giovanni quanto nel resto dell’Italia. La speranza è che l’appello del primo cittadino per la Giornata della donna, la festa lasciatela alla vulgata comune, non resti un messaggio in bottiglia, ma arrivi davvero a destinazione.

 

 

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