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Beppe Sala, il piano: mettersi in proprio per aggregare i moderati

Enrico Paoli
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I vestiti da manager finiscono definitivamente in soffitta. Per il sindaco di Milano, Beppe Sala, quella realtà è il passato: «Ritornare al mondo delle aziende e della finanza è un capitolo chiuso della mia vita», spiega il primo cittadino, confermando quel che s’intuiva da tempo. Quindi il presente e il futuro di Sala sono la politica. «O comunque vorrei impegnarmi nel sociale, certo poi è anche una questione di finestre e opportunità, per cui manca ancora troppo tempo, tre anni sono lunghissimi», sottolinea il primo cittadino del capoluogo lombardo. Sì, certo, sindaco di Milano (al secondo mandato), ma vuoi mettere la ribalta nazionale, il Nazareno, a Roma, sede del Pd, o le altre case del centrosinistra. Dai, su.
Ma al di là della fisicità della questione, il «nodo Sala» resta sempre quello: lui si offre, si dimostra disponibile, ma la chiamata non arriva. «Il fatto che io sia sempre stato indipendente», spiega Beppe, «è stato un vantaggio per tutti, mi ha garantito una autonomia decisionale e operativa che è stata utile, ma anche per il Pd». E forte di questa indipendenza Sala sembra prefigurare la costruzione di un proprio movimento, in modo da avere una sua agibilità politica all’interno del centrosinistra. «Parlando con i colleghi del centrodestra, spiega Sala, mi rendo conto che la loro fortuna e avere Forza Italia, anche se non pesa tantissimo gli garantisce una tenuta sulla parte moderata, quello che in questo momento manca a noi». E che lui, con un suo movimento, potrebbe portare in dote.

 


Sala rinfaccia al centrosinistra le scelte sbagliate circa le candidature e l’inconsitenza del campo largo. «Per questo bisogna guardare con attenzione anche alla formazione di forze nuove che in teoria potrebbero esserci, però vediamo quanto fanno fatica a coesistere in un’idea di campo di sinistra», sottilena l’ex manager. Certo, Sala non farà il federatore, non avendone né la voglia né la condizione, però potrebbe allargare e portare i dote alla coalizione quel mondo moderato a cui parla. Almeno a Milano, nel resto del Paese chissà. Però dovendo trovare una collocazione sul campo della politica.

 

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