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I pro-Gaza che contestano Libero ora fanno pure gli offesi

di Giorgia Petani mercoledì 9 luglio 2025

3' di lettura

Che permalosi i nostri esponenti di Cambiare Rotta e Potere al Popolo! Dopo la minaccia di venirci a trovare sotto la nostra redazione milanese di via dell’Aprica 18, ora si offendono anche per il titolo- in particolare per l’occhiello - in cui i nostri fan vengono definiti “contestatori da operetta”.

I nostri attivisti ci accusano adesso di preparare una repressione, soltanto perché abbiamo scritto un articolo in cui respingiamo al mittente inutili e sterili accuse di essere «contro i lavoratori, le opposizioni sociali di questo Paese» e tifosi di un criminale che sta «compiendo un genocidio».

Di mestiere, ricordiamo alle anime ribelli di Cambiare Rotta e Potere al Popolo, facciamo i giornalisti: raccontare ciò che accade nelle nostre città è il minimo che possiamo fare, anzi, che dobbiamo fare. Ma tra fantasiose ricostruzioni e manie di persecuzione, pare che gli attivisti non tollerino nemmeno che si parli di loro. Eppure, sembrano fare davvero di tutto per far parlare di sé e delle proprie “grandi” gesta. Noti per i loro blitz, ora si dilettano anche a fare gli esperti di comunicazione e media. Secondo loro, per Libero e Il Giornale, «prima eravamo estremisti, oltranzisti, simil-terroristi; ora siamo diventati contestatori da operetta».

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Ecco, sono bastate queste semplici parole a far indispettire i nostri vandali, secondo cui «prepariamo e inneggiamo alla repressione». Sempre secondo questi nuovi esperti di comunicazione, noi non avremmo nemmeno il diritto di parlare di «libertà di stampa», in quanto saremmo colpevoli di «portare avanti una campagna diffamatoria contro le nostre organizzazioni, gli stessi che depotenziano le ragioni delle lotte sociali, studentesche e politiche di questo Paese».

Insomma, dopo aver concluso il lungo post su Instagram con la solita solfa, i nostri attivisti hanno rinnovato l’invito ai loro follower social: poco più di 3.200 per la pagina di Milano, circa 9.000 per quella nazionale. L’appuntamento è fissato per le 11.30 di domani.

A combattere contro quelli che hanno definito «fogliacci» c’è anche Potere al Popolo. Entrambi i movimenti, anziché agitarsi, dovrebbero forse riprendere in mano il dizionario. Il termine repressione significa letteralmente: «Azione condotta con energia o addirittura con brutalità contro manifestazioni ritenute gravemente dannose per la società o per un particolare regime politico». Un’espressione che, forse, si addice di più ai nostri attivisti che a noi.

Tra bandiere dell’Unione Europea bruciate, ragazzi e docenti interrotti durante convegni e conferenze e insulti al Governo sembrano ormai dei veri esperti in «manifestazioni dannose per la società». Ed è proprio qui che si tocca un nodo centrale della questione: la libertà di stampa non può essere invocata solo quando conviene.

La critica è parte essenziale del dibattito democratico. Del resto, i nostri amici sono stati abituati fin troppo bene, coccolati da una certa fetta della sinistra che, pur di attaccare l’attuale esecutivo, ha più volte difeso le azioni violente e poco democratiche dei nostri manifestanti, oramai ritenuti intoccabili.

E poi non dobbiamo dimenticarci che chi si espone pubblicamente con azioni politiche radicali - apertamente provocatorie- deve accettare anche il diritto dei media a raccontare e commentare quei fatti. Confondere la critica giornalistica con un atto di repressione è un pericoloso scivolamento verso una visione distorta della libertà d’espressione. Non si può invocare il pluralismo solo quando si è d’accordo con ciò che viene scritto.

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Non si può fare del becero vittimismo in nome di qualche ideale che ciclicamente cambia veste in base alla notizia del momento solo per “fare hype” ossia per creare aspettative e clamore attorno a qualcosa. D’altronde, gli attivisti di Cambiare Rotta ne hanno una per tutti.

Lo scorso maggio a finire nel loro mirino è stata la rettrice della Bicocca di Milano, Giovanna Iannantuoni, rea, secondo loro, di non tutelare «il diritto allo studio in Bicocca, continuamente attaccato e smantellato». Perché, come dicevamo ieri, i nostri tuttologi sono sempre in prima linea per puntare il dito contro chiunque non la pensi come loro, occupandosi di lavoro, studio, guerre e ambiente. L’unica cosa di cui non sembrano interessarsi sono loro stessi e le figuracce che continuano a fare. A domani!

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