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Gita di Ferragostoin motoscafo con la scorta

Matteo Legnani
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  Ecco l'equipaggio con Gianfranco Fini, Elisabetta Tulliani, un'altra signora bionda, più un marinaio e due uomini di scorta che parte da Porto Ercole intorno alle 15, torna alle 17.30. Il presidente della Camera dei Deputati, maglia gialla e slippino da bagno, si mette alla guida. Prima, però anche un grande timoniere deve accendersi una sigaretta e spalmarsi un po' di crema protettiva. Si pulisce le mani con un asciugamano e via, all'avventura.  Per la sicurezza, non c'è da preoccuparsi, in fondo. Mentre gli uomini della scorta personale della terza carica dello Stato si satollano e si riposano all'hotel di Orbetello a spese del contribuente, entrano in scena i sommozzatori istituzionali. Garantiscono loro che nessun mostro marino attenterà all'incolumità dell'alta personalità. Fortunatamente non è necessario utilizzare una motovedetta. Del resto l'allarme rosso non è ancora scattato e magari anche i terroristi vanno in vacanza. Oppure non sono interessati all'uomo rana. Con quel gommone della compagnia Argentario Divers s'impiega circa una mezz'ora a raggiungere l'isola di Giannutri. Poi si sta lì un'altra oretta e mezza per fare immersioni. Il fondale è più che noto. È dove lo stesso fotografo Majlend Bramo, per l'agenzia di Massimo Sestini, li aveva beccati la prima volta il mese scorso in mare. Ora è di nuovo lì, appostato fra le bitte del porto con il teleobiettivo pronto. Basta aspettarli ancora mezz'ora al varco e la ciurma è di ritorno. Li attende tutta quella fatica per posare nel baule della Bmw l'attrezzatura da sub. Fini, che ora indossa un paio di bermuda mimetici arrotolati sotto il ginocchio e calza un paio di infradito, appare un po' affaticato. Per fortuna che a terra ci sono gli altri componenti della scorta. Certo, non arrivano proprio a portare il carrello del supermercato come d'uso fra gli incaricati della protezione personale della capogruppo del Pd a Montecitorio Anna Finocchiaro. Ma una mano la possono sempre dare. Anche se non sono pagati per questo. di Andrea Morigi  

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