Bondi e la moglie lasciano Forza Italia: "Addio Cav, entriamo nel misto"
Silvio Berlusconi perde un pezzo di storia del suo partito. L'ex ministro Sandro Bondi e la sua compagna Manuela Repetti, entrambi senatori azzurri, hanno detto oggi ufficialmente addio a Forza Italia, aderendo al gruppo misto di palazzo Madama. Le loro dimissioni erano state annunciate anche ai primi di marzo, ma solo l'intervento del Cav con un incontro chiarificatore ad Arcore aveva scongiurato lo strappo. La lettera - Il 3 marzo scorso Repetti, infatti, con una lettera al Corsera aveva annunciato di voler lasciare il movimento azzurro, "esaurita dalla vera e propria guerra interna per la successione politica a Berlusconi". Poi, dopo il colloquio a Villa San Martino, le dimissioni erano state congelate. Ma da allora, evidentemente, nulla è cambiato. E oggi è arrivata la rottura definitiva. Da tempo Repetti e Bondi manifestavano insofferenza verso la linea di Fi, dettata non più, secondo la coppia, dal leader Berlusconi, ma "da chi lo circonda", ovvero il cosidetto cerchio magico. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso e spinto Repetti all'addio, raccontano, era stata la rimozione dei coordinatori 'fittiani' di Verbania e Torino decisa da Roma, a pochi giorni dal commissariamento in Puglia. Piemontese è la Repetti, e Bondi qualche giorno prima aveva voluto stigmatizzare il "metodo adottato dal partito" sotto la Mole, che aveva fatto gridare all'epurazione. "Abitando in Piemonte -aveva sottolineato l'ex ministro rompendo un lunghissimo silenzio - faccio solo una considerazione: non faccio parte di nessuna corrente, ma constato da tempo che c'è una volontà di emarginare tutti coloro che, per diversi motivi, non si adeguano a cose e metodi inaccettabili". Fuori - "Ormai sono fuori dalla politica, ma resto allibito da certi comportamenti", aveva detto all'Adnkronos l'esponente azzurro, che nell'aprile 2014 con una lettera alla Stampa ufficializzò il suo personale distacco da Forza Italia, dichiarandone il fallimento. L'insofferenza di Bondi parte da lontano. Da quando lasciò tra le polemiche l'incarico di ministro dei Beni culturali nel marzo 2011 dopo aver approvato il Fus per l'anno in corso e la tax credit, ultimo atto della sua esperienza governativa. Allora l'ex coordinatore nazionale di Fi spiegò di essersi sentito abbandonato nel momento del bisogno, soprattutto in occasione del crollo di un muro negli scavi di Pompei. "Purtroppo -denunciò in una lettera- non sono stato sostenuto con la necessaria consapevolezza dalla stessa maggioranza di governo e da quei colleghi che avrebbero potuto imprimere insieme a me una svolta nel modo di concepire il rapporto fra stato e cultura in Italia". "E questo mancato sostegno è avvenuto oltretutto nel momento in cui mi sono trovato più in difficoltà, a seguito del crollo di un muro in cemento a Pompei e più colpito dalle iniziative della sinistra, fino alla presentazione di una mozione di sfiducia individuale nei miei confronti".