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Marco Travaglio in lacrime per Borrelli. Trionfo manettaro senza precedenti: "In un Paese serio..."

Giulio Bucchi
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Semplicemente, "il più grande". Marco Travaglio in ginocchio e in lacrime da Francesco Saverio Borrelli. Per la morte dell'89enne storico procuratore capo di Milano, quello di Tangentopoli e Mani Pulite, il direttore del Fatto quotidiano verga un editoriale in cui furia manettara, affetto umano e riconoscenza professionale si mescolano magicamente.  Leggi anche: Il Fatto in lutto per Borrelli, la prima pagina gronda veleno. Schiaffo estremo al Cav Borrelli fu per gli italiani "un simbolo e un esempio", scrive Travaglio, "la gente perbene si aggrappò alla sua toga e a quelle del suo pool" in un periodo di corruzione e stragi di mafia. "Subito dopo arrivò B. (Silvio Berlusconi ovviamente, ndr), che inquinò tutto, anche la sinistra, anche la magistratura". Contro di lui, ricorda, si scatenarono "attacchi di ogni colore, gli insulti, le calunnie, le ispezioni ministeriali, i procedimenti disciplinari al Csm, le indagini penali a Brescia", "spioni d'angiporto e pennivendoli di fogna hanno perso anni a cercargli uno scheletro nell'armadio per sputtanarlo, un tallone di Achille per ricattarlo: invano". Sullo stile dell'uomo Borrelli, in molti anche tra i parenti di chi è morto per Mani Pulite sono concordi. Ma sul valore storico del suo operato, c'è molto da ridire. Travaglio, però, salta tutto a pie' pari. E anzi pare ricordare con nostalgia quei bei tempi di manette selvagge e, talvolta, un po' a caso. "In un Paese serio l'avrebbero promosso senatore a vita e proposto alla Presidenza della Repubblica (poltrone che probabilmente avrebbe rifiutato)", conclude amaro. In un Paese serio, dopo 25 anni, si potrebbe anche ragionare con più serenità, senza tifo da stadio, su meriti e demeriti dei protagonisti di una una tragica pagina di storia.

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