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Maccio Capatonda, drammatica confessione su Elisabetta Canalis: "Poi mi ha conosciuto meglio...", perché è finita in disgrazia

Francesca D'Angelo
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Avete presente tutti quei meravigliosi discorsi su: la pandemia ci farà riflettere, tirerà fuori il meglio di noi, ne usciremo cambiati? Ebbene, se per il 99,999% dell'umanità si è rivelata una castronata, per Maccio Capatonda è andata invece esattamente così. Lui, da questi due anni pandemici (si è fatto pure il Covid...), ha tirato fuori una marea di cose, dalla sua prima autobiografia, dal titolo Libro, ai Podcast Micidiali su Audible, passando per una nuova società creativa e, prossimamente, Lol2.

E ha pure cambiato città: da Milano a Roma. Chi gliela l'ha fatto fare?

«Avevo bisogno di uno choc. Sentivo l'esigenza di avere nuovi stimoli, anche esterni, così sono andato a vivere in una città che fosse l'antitesi di Milano: un luogo meno efficiente, che mi mettesse più a contatto con il mondo e Roma sicuramente è più "reale" di Milano. Milano infatti è una bolla di efficienza, ti sposti da un punto all'altro senza goderti il viaggio. Nella Capitale invece devi spesso camminare, vivi lo spazio esterno...».

...nuoti nella spazzatura.

«Guardi che la spazzatura è una bella cartina tornasole perché è l'unica vera sostanza che noi umani produciamo. A Roma maturi una vera e propria coscienza a riguardo: vedi l'immondizia, ne senti l'odore, la trovi sotto casa, all'angolo, ovunque. Non è come a Milano che, una volta gettata, sparisce. Qui no, lei è lì e ti interroga. Inizi così a farti delle domande e a sviluppare una coscienza sociale».

Perché l'ha assalita tutta quest' ansia di cambiamento?

«Mah, sa, nessun artista vuole ripetersi e l'insoddisfazione è sempre stata una spinta creativa molto forte per me».

Quando si vive di maschere, è facile perdere di vista se stessi?

«Cinque anni fa le avrei risposto che non sapevo chi fossi. La verità è che non volevo saperlo. Preferivo il mio mondo di fantasia a quello reale: è più sicuro, si soffre meno. A lungo mi sono concepito come un essere neutro: quando mi toglievo la maschera ero semplicemente in stand by, in attesa di riplasmarmi di nuovo a seconda delle esigenze. Nei video ero un figo, nel mondo reale semplicemente inconsistente».

 

Adesso invece?

«Ora sto cavalcando di più la mia versione reale. Non so esattamente cosa abbia fatto scattare questo click, ma sto capendo che sono "qualcosa" al di là delle maschere e sto portando questa identità dentro i miei video. Un po' come fece Carlo Verdone, mio grande mito: dopo i primi film di successo, fece Borotalco interpretando se stesso».

Una volta ha dichiarato: «Ho la sensazione che la scelta di fare il comico, o in generale l'artista, sia una via alternativa alla politica». Se dovesse fondare un partito come lo chiamerebbe?

«Il Partito del Boh».

Sarebbe di destra o di sinistra?

«Boh».

"Boh" è la perfetta sintesi delle risposte dei nostri politici?

«Ha presente il tormentone "dimmi qualcosa senza dirmelo"? Ecco, i politici dicono niente facendo credere di dire qualcosa. Il fatto è che non è facile dare delle risposte: la politica è un mestiere complicato! Fosse per me, creerei una scuola ad hoc: governa solo chi supera degli esami complicatissimi e delle prove pazzesche di onestà e integrità».

E il voto?

«Lo toglierei proprio, perché spesso premia le persone più furbe. Rimpiazzerei il sistema elettorale con la scuola».

 

Fin dai tempi della Gialappa' s ha raccontato l'uomo medio: crede che oggi questo essere mitologico si sia evoluto culturalmente?

«Di certo è più informato, ma non per questo più colto. Non so nemmeno se sia socialmente più impegnato, a meno di considerare il complottismo come una forma di impegno sociale. Il fatto è che siamo bombardati di notizie usa e getta, che scadono velocemente, e soprattutto non siamo in grado di processare correttamente le informazioni. Inoltre oggi le notizie sono diventate un prodotto da vendere a colpi di titoli sensazionalistici».

Ogni riferimento è puramente casuale?

«In tanti fanno titoli eclatanti! In parte poi ci sta: si legge un articolo se il titolo acchiappa. A proposito, mi raccomando: scrivete una cosa tipo "Maccio vuole che il mondo muoia" altrimenti chi mi legge? (ride, ndr)».

Il suo stile sposa il nonsense, la falsa testimonianza e la ricostruzione parodistica: ha mai pensato di chiedere i diritti d'autore agli estremisti no vax? La stanno copiando a mani basse...

«Un sacco di gente mi sta rubando il lavoro! (ride, ndr) Pensi che ieri è uscita una notizia sul "frenatore di treni": un tizio che saliva sui treni in modo seriale per tirare la leva di blocco. Molti pensavano fosse una mia storia invece era vero...».

Dove si schiera nel dibattito sui vaccini?

«No, grazie: tema troppo politico. Sono a favore della vaccinazione, anche perché ho fatto il Covid e non è stata una passeggiata. Però capisco le resistenze di alcuni».

Ha scritto un'autobiografia, Libro, senza includere nemmeno un trauma: ormai sono la regola nelle autobiografie!

«Guardi che io ho avuto il trauma della calvizie! Non rida, sono serio: non sarà come un abuso ma è uno shock a lungo termine perché te lo porti dietro per anni. Io ho iniziato a perdere i capelli a soli 12 anni, a venti già mi rasavo. Poi però ci ho costruito su il mio successo: Capatonda...».

Da bimbo scriveva a Michael J. Fox? Vero?

«Sì, lo adoravo: è grazie a Ritorno al futuro se mi sono innamorato del cinema. Lui era il mio modello perché era un vincente (cosa che io non ero) e ribaltava le sorti della sua famiglia. Avrei voluto fare lo stesso con la mia... E poi scrivevo anche a Michael Jackson».

Quella è stata una mossa più pericolosa...

«Lui non era ancora stato travolto dallo scandalo e, comunque, mi piaceva come ballava. Gli mandavo lettere del tipo: "Ciao, a me piace tanto Twin Peaks, e a te?". Non mi ha mai risposto, mentre Fox mi mandò una cartolina autografata: fui pazzo di gioia!».

Da piccolo faceva anche il chierichetto: è ancora credente?

«Mi definirei più che altro agnostico. La verità è che da piccolo ero goloso di ostie. Sono cresciuto con questo mito dell'ostia quindi, appena feci la prima comunione, ne mangiai un sacco: andavo a messa tutte le sere per poterne mangiare una al giorno. Mi piaceva proprio il gusto».

Tra un George Clooney e un Bobo Vieri, Elisabetta Canalis si innamorò anche di lei...

«Siamo stati insieme solo tre mesi!».

Fa comunque curriculum. Però resta il mistero: come ci è riuscito?

«Secondo me lei era invaghita del mio personaggio artistico, poi mi ha conosciuto meglio e... dopo tre mesi è finito tutto (ride, ndr)».

Ultima domanda: la vedremo a Lol. Quali colleghi ha temuto di più?

«Il primo giorno di registrazione, quando mi sono visto davanti Virginia Raffaele ho pensato: "Ciao, qui è finita!". Poi è arrivato Corrado Guzzanti ed è stato un tuffo al cuore: è il mio mito da quando sono nato! Loro due, insieme al Mago Forest, sono quelli che ho temuto di più». 

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