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Laura Boldrini smontata dalla Crusca: "Nulla di strano"

lunedì 24 ottobre 2022

2' di lettura

Siluro contro Laura Boldrini dal presidente dell'Accademia della Crusca: "Non c'è nulla di strano" nella decisione di Giorgia Meloni di firmare gli atti ufficiali come "il" presidente del Consiglio. "I titoli al femminile sono legittimi sempre; chi usa questi femminili accetta un processo storico ormai ben avviato. Chi invece preferisce le forme tradizionali maschili ha comunque diritto di farlo", afferma Claudio Marazzini, presidente della più antica istituzione linguistica del mondo, che invita "ad abituarsi a non avere paura di queste oscillazioni linguistiche". La Boldrini, invece, si era scatenata contro la leader di FdI su Twitter: "La prima donna premier si fa chiamare al maschile, il presidente. Cosa le impedisce di rivendicare nella lingua il suo primato? La Treccani dice che i ruoli vanno declinati". Quindi aveva concluso: "Affermare il femminile è troppo per la leader di Fratelli d'Italia, partito che già nel nome dimentica le Sorelle?".  

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"Quella di Giorgia Meloni direi che è persino una decisione prevedibile", spiega invece il professore Marazzini all'Adnkronos. Del resto, "non è cosa inaudita. Basti pensare, tra i tanti casi noti, alla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati nella precedente legislatura. La preferenza della Casellati era ben nota a tutti. Questo vale per le cariche pubbliche e politiche. Ma forse non ricordiamo la questione del 'direttore d'orchestra', sollevata dalla Venezi? Alcune donne non si riconoscono nelle scelte linguistiche della tradizione femminista di marca anglosassone, introdotta in Italia nel 1986 da Alma Sabatini (al tempo delle Pari opportunità del governo Craxi), e ribadiscono la propria diversità attraverso scelte alternative di immediata evidenza". 

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Rispetto poi alla presa di posizione dell'Usigrai, il sindacato dei giornalisti della Rai, che ha chiesto di usare "la" presidente del Consiglio, Marazzini, commenta: "Io non credo che qualcuno possa cercare di 'imporre' complessivamente ai giornalisti italiani la propria preferenza linguistica. In presenza di un'oscillazione tra il maschile e il femminile, determinata da posizioni ideologiche, penso che ognuno possa e debba mantenere la propria piena libertà di espressione, optando di volta in volta per il maschile o per il femminile, in base alle proprie ragioni. Semmai in passato si è ecceduto, mettendo in circolazione manuali che sembravano imporre una scelta obbligata e comune per certe istituzioni o per certi ministeri. Una sanzione linguistica per chi non rispetta le indicazioni sull'uso del genere grammaticale non è immaginabile".

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