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Toshiyuki Mimaki, Gaza non è Hiroshima: che figuraccia il Nobel

Giovanni Sallusti
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Imperversa nella nostra contemporaneità fuori controllo una fallacia logico-morale uguale e contraria a quella che Leo Strauss definiva Reductio ad Hitlerum, l’abitudine di caricaturizzare qualunque evento della storia e della cronaca facendone una reincarnazione del nazismo. Si tratta di una sorta di Reductio ad Gazam, la convinzione monomaniacale che tutte le umanità sofferenti presenti, passate e future si rispecchino nel palestinese della Striscia, ormai un tipo umano totalmente de-storicizzato (e assai idealizzato, diciamo quantomeno privato delle cinture kamikaze e dell’equipaggiamento di Hamas che pure da quelle parti sfoggiano), quasi corrispondente all’idea platonica di Oppresso.

Per cui quanto segue non ci ha sorpreso particolarmente, anche se a rigore costituisce un maltrattamento bello e buono della Storia. Ieri si assegnava il Nobel per la Pace, spesso inutilità somma di quel rito ormai smaccatamente inutile che è l’onorificenza mondiale. Tra i favoriti della vigilia c’erano Zelensky, l’Ocse e perfino l’Unrwa (nonostante il dettaglio per cui alcuni suoi dipendenti siano stati avvistati il 7 ottobre insieme ai galantuomini coranici diretti a sgozzare ebrei). In ogni caso, sono stati tutti sbaragliati da Nihon Hidankyo, l’associazione dei sopravvissuti alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, la quale “riceve il premio per aver dimostrato, attraverso testimonianze, che le armi nucleari non dovranno mai più essere utilizzate”.

 

 

Il direttore dell’organizzazione si chiama Toshiyuki Mimaki, è stato esposto alle radiazioni nella sua casa di Hiroshima all’età di 3 anni, e durante un incontro con i media a Tokyo ha dichiarato: «Le armi nucleari dovrebbero essere assolutamente abolite. Le armi nucleari non portano la pace». Lo dice con la definitività esistenziale delle piaghe impresse nella pelle, per cui è degno di rispetto a prescindere, nonostante la resa del suo Paese sodale della Germania nazista nei giorni immediatamente successivi sia una smentita oggettiva (e anche l’equilibrio cupo ma stabile della Guerra Fredda, in realtà). In ogni caso, l’enormità viene dopo, è francamente inascoltabile e difficilmente trascrivibile. «A Gaza vediamo bambini insanguinati, è come in Giappone ottant’anni fa».

Eccola, la Reductio. No, Dio mio (o qualunque cosa in cui creda oggi Toshiyuki), non è possibile. Non può essere così dominante, l’esclusività della tragedia indebitamente affidata a quel lembo di terra (sempre meno) sotto il tacco di Hamas, da divorarsi anche il vissuto, le proporzioni, le città cancellate e le persone scarnificate a ombre in una frazione di secondo, tutto ridotto (appunto) a specchio anticipatore della barbarie dell’esercito israeliano, e mai delle belve islamiste, mai dei discendenti di coloro che all’epoca avevano lo stesso alleato del Giappone, tal Adolf Hitler, bisognerà pur dirlo. Nulla, i decenni svaniscono insieme al senso, la devastazione inedita del nucleare come il campionario di orrore e schifo che esiste da quando esiste la guerra, costante della storia umana.

“Bambini insanguinati” ce ne sono in Ucraina, dottor Mimaki, bambini sventrati dai missili di Putin negli ospedali, nelle scuole, nei parchi giochi. Perché loro no? “Bambini insanguinati” ce ne sono nelle decine di conflitti africani che non interessano nessuno, men che meno al Comitato del Nobel, bambini violati, bambini straziati, bambini assassinati ai lati delle strade. Perché loro no? “Bambini insanguinati”, anche questo bisogna pur dirlo, ce ne sono stati tanti il 7 ottobre, bambini chiusi in un forno, bambini sgozzati ancora nel sonno, perfino bambini decapitati. Perché loro no, dottor Mimaki?

Perché Gaza, sempre e solo Gaza, perché (è spaventoso anche solo dirlo, ma è la vostra logica a far spavento, dottor Mimaki) questa maggiore densità ontologica attribuita al sangue inaccettabile del bambino palestinese (che peraltro è il vero obiettivo sbandierato più volte dai gerarchi nazi-islamici di Hamas, ma lei questo non lo dice), rispetto al sangue inaccettabile del bambino ucraino, del bambino africano, del bambino (stia bene attento qui dottore, e si ricordi a fianco di chi combattevano i suoi avi) ebreo?

Perché anche questo Nobel per la Pace molto più razionale di altri, dedicato al vostro lavoro meritorio che tiene viva la memoria dell’esplosione, del cielo oscurato dal fungo e della terra annerita in cimitero, deve diventare occasione per l’ideologia della Reductio? I vostri scomparsi, i bambini “insanguinati” di Gaza, e intorno l’Eden, turbato solo da quelle truppe con la stella di David che si ostinano a difendersi dall’offensiva terroristica? È una rappresentazione disonesta e offensiva, e sospettiamo che lei, dottor Mimaki, lo sappia fin troppo bene.

 

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