"E quando una impronta (ritenuta non utile a fini identificativi all’epoca…ora invece lo diventa…ne prendo atto) ottenuta con ninidrina (reagente che ha un colore rosso violaceo e che si lega alla componente di amminoacidi dell’impronta, spesso utilizzata per individuare impronte anche piuttosto vecchie) viene spacciata per un’impronta insanguinata su molte testate giornalistiche (quando i test presuntivi per il sangue diedero esisti negativi) allora scopri che l’apocalisse è vicina….": la nota criminologa Roberta Bruzzone lo ha scritto in un post su Instagram commentando l'ultima indiscrezione sul delitto di Garlasco, un'impronta sul luogo dell'omicidio di Chiara Poggi, riconducibile ad Andrea Sempio, 37 anni e amico della vittima, oggi unico indagato nella nuova inchiesta della procura di Pavia.
Da parte della criminologa, insomma, poca fiducia nella possibilità che l’impronta porti a una svolta concreta nelle indagini. Secondo le ricostruzioni dei giornalisti che da anni si occupano del caso, nell’agosto del 2007 - anno del delitto - l’impronta era stata individuata dai tecnici del Reparto Investigazioni Scientifiche di Parma, che l’avevano identificata come “traccia di interesse dattiloscopico classificata 33”. Si trovava sul muro delle scale che portano alla cantina di casa Poggi, il luogo in cui fu ritrovato il corpo della 26enne.
All’epoca, però, l’impronta 33 sarebbe stata giudicata inutile per le indagini dalla consulenza tecnica del Ris perché non abbastanza dettagliata per permettere confronti con altre impronte. Inoltre era stata sottoposta a un OBTI test, un’analisi praticata in ambito forense per rilevare la presenza di emoglobina umana, e quindi di sangue, che però era risultato negativo.