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Molinari contro Francesca Albanese: "Da chi ha accettato finanziamenti"

L'ex direttore di Repubblica e i viaggi in Australia e Nuova Zelanda della relatrice speciale Onu sui territori occupati: un'ombra pesantissima
sabato 24 maggio 2025

2' di lettura

Maurizio Molinari contro Francesca Albanese. "Secondo quanto denunciato, Albanese ha accettato finanziamenti per un viaggio ufficiale in Australia e in Nuova Zelanda da parte di quattro organizzazioni apertamente schierate con Hamas". A scriverlo, su X, è proprio l'editorialista di Repubblica che tira in ballo la relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati. 

Le sue posizioni anti-Israele d'altronde non sono nuove e spesso hanno sollevato un vero e proprio polverone. Motivo per cui - come riportato dallo stesso Molinari su Instagram qualche settimana fa - spesso il ruolo della Albanese è stato messo in discussione. "La missione degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite ha inviato una lettera al Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, in cui afferma di essere contraria al rinnovo del ruolo di Francesca Albanese come Relatrice speciale delle Nazioni Unite a causa del suo 'virulento antisemitismo, che demonizza Israele e sostiene Hamas'", riportava il giornalista nel suo post.

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E ancora: "'Ha chiaramente violato il codice di condotta delle Nazioni Unite e non è adatta al suo ruolo', ha scritto in un tweet su X la missione americana. 'La sua riconferma dimostrerebbe che l'ONU tollera l'odio antisemita e il sostegno al terrorismo'. Dopo il massacro di Hamas del 7 ottobre, Albanese ha scritto che 'la violenza deve essere contestualizzata' e che l'attacco è avvenuto in risposta all''aggressione' israeliana. Link per la lettura nelle stories. L'articolo sul Jerusalem Post'".

Molinari ha ricordato come "nel documento e poi nell’evento, infatti, la relatrice si è scatenata, chiedendo sanzioni nei confronti di Israele, insistendo sulla nozione di 'genocidio' e prospettando per i vertici delle istituzioni politiche israeliane un trattamento da criminali di guerra. Una posizione, in pratica, che condanna sempre e comunque lo Stato ebraico e tende a minimizzare le responsabilità dei suoi aggressori; un perfetto distillato, insomma, della faziosità anti-Israele che dilaga in molti ambienti politici e (pseudo)intellettualistici, negli Usa come in Europa".

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