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Matteo Zuppi, la sua Cei finge di non aver sentito il "no" sui migranti

Le urne bocciano la linea immigrazionista della Conferenza episcopale, lontana anni luce dal popolo. E "Avvenire" attacca chi ha votato "no"...
di Antonio Socci mercoledì 11 giugno 2025

4' di lettura

Per uno strano caso la clamorosa bocciatura del referendum sulla cittadinanza veloce degli immigrati, in Italia, è avvenuta nelle stesse ore in cui – sulla questione immigratoria – scoppiavano i disordini di Los Angeles. Dopo che pure gli americani, con il voto presidenziale di novembre, avevano bocciato l’immigrazionismo incontrollato. La disfatta referendaria della sinistra italiana ha un significato politico interno, ma anche geopolitico e perfino ecclesiale. È il crollo di un pilastro dell’ideologia bergogliana di cui il card. Zuppi, presidente della Cei voluto da Francesco, è stato l’interprete. Proprio lui un mese fa dichiarava: «Il sovranismo non ha futuro, fa male al Paese, chi ama il proprio Paese butta via le frontiere» (cioè butta gli Stati). Maurizio Molinari, già direttore di Repubblica, in un intervento televisivo ha spiegato che Francesco «è stato un Papa che sin dall’inizio ha trasformato il messaggio di Barack Obama in un messaggio globale. Viene eletto nel 2013 e riflette, porta nel mondo, quello che all’epoca era il messaggio di Barack Obama. Lui se ne fa portatore».

Tale messaggio era basato su tre temi: allarmismo climatico, ideologia della rivoluzione antropologica (Lgbt eccetera) e immigrazionismo di massa. Con Trump, proseguiva Molinari, l’America «ha rifiutato il messaggio di Obama. E quindi paradossalmente oggi che finisce la stagione di Bergoglio, l’America esprime valori opposti». Così anche l’Italia. La disfatta referendaria non riguarda solo Landini, Schlein e compagni, ma pure la Cei e la leadership del cardinal Zuppi, da sempre appiattito sul Pd. Nei giorni scorsi il prelato è arrivato ad attaccare il governo Meloni sull’8x1000 senza rendersi conto che se la stava prendendo con una norma decisa nel 2019 dal governo giallorosso Conte bis (peraltro la Cei ha ripetuto con Francesco, per dodici anni, «vogliamo una Chiesa povera» ed è grottesco che oggi si inalberi su questo tema). I fatti bocciano la Cei di Zuppi. Negli anni di Giovanni Paolo II e del cardinal Ruini l’Italia era un’eccezione positiva per la Chiesa in Europa. Invece, spiega Sandro Magister, l’ultima indagine del Pew Research Center di Washington «proprio in Italia registra un crollo senza precedenti dell’appartenenza alla Chiesa cattolica, un crollo in questo momento più forte che in qualsiasi altro paese del mondo».

FUORI DALLA REALTÀ
La disfatta referendaria dunque è anche l’ennesimo segno di rifiuto della Chiesa immigrazionista voluta da papa Bergoglio, confermando che la grande maggioranza degli italiani non vuole l’immigrazione incontrollata ed è contraria perfino buona parte dell’elettorato di sinistra. Non solo. Emerge pure che nelle Ztl delle grandi città, ricche e progressiste, c’è un voto massiccio per la cittadinanza facile, mentre nelle periferie, su cui grava la pressione immigratoria, c’è opposizione. Quindi la Cei cattoprogressista dimostra – come la sinistra – di essere lontana dalla realtà popolare, dai problemi delle persone comuni e della povera gente, ma invece vicinissima alle élite, al mondo artificiale dei salotti borghesi e ai media politicamente corretti. La leadership di questa Cei, dopo aver perso il senso del sacro – visto che invece di parlare di Dio, parla solo di politica – ha smarrito totalmente il senso della realtà e ha perso perfino il senso del ridicolo.

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Infatti ieri, davanti al naufragio referendario, Avvenire, il giornale della Cei, invece di fare autocritica, è addirittura tornato alla carica, attaccando i “no” alla cittadinanza facile (che – secondo il giornale dei vescovi - «denotano una paura e un’ostilità che preoccupano») e prospettando di recuperare il tema in Parlamento. Così la Cei dimostra di non ascoltare la gente, non recepisce il suo allarme per l’ordine pubblico, per uno “stato sociale” che con l’immigrazione di massa non regge e per la mancata integrazione che, soprattutto con la vasta immigrazione islamica, mette in discussione i nostri costumi occidentali e la nostra cultura. La Cei non ascolta nemmeno i vescovi africani, per esempio come il card. Sarah, che sono contrari a questo dissanguamento umano dell’Africa.

LA PREDICAZIONE
La Chiesa di Leone XIV cosa farà? Deve predicare la carità e il rispetto della dignità di tutti, giustamente, ma altrettanto giustamente e realisticamente deve riconoscere il “diritto di non emigrare” proclamato dai papi precedenti e il dovere di ogni Stato di governare i propri confini e salvaguardare il benessere e l’identità del proprio popolo. Nell’ultimo numero di Limes, dedicato al nuovo pontefice, Federico Petroni scrive che «Papa Leone XIV vuole rinnovare la dottrina sociale della Chiesa» e «negli Stati Uniti trova un leader intenzionato a usarla per scopi strategici»: il vicepresidente J.D. Vance. Fra l’altro rivela: «La rinuncia alla redenzione dell’umanità significa che l’America rinuncia alla leadership globale. Non alla difesa del primato, ma a dettare regole. A colloquio con papa Leone, Vance ha consegnato un messaggio epocale: “Il governo americano non è predisposto per fornire leadership morale, o almeno piena leadership morale, sulla scia di tutti i cambiamenti innescati dall’Ai. Penso che la Chiesa lo sia”. Parole inimmaginabili fino a qualche mese fa, quando Biden lasciava la Casa Bianca proprio esortando il suo paese a guidare sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale». Cambiano gli scenari e inizia un dialogo che può arricchire entrambi, l’Impero e la Chiesa.

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