«Eravamo la classe operaia che voleva andare in Paradiso. La Festa dell’Unità era l’inizio di quel Paradiso. Siamo diventati la classe dei tecnici, dei competenti, del vincolo di bilancio. Ma è venuto meno il sogno. Ovvio che i volontari non li trovi più». Salvatore Buglio, classe 1951, è stato l’ultimo operaio del Pd ad essere eletto in Parlamento. Nato a Catania, è arrivato a Torino a 19 anni. «Non avevo nemmeno una valigia di cartone». Ha lavorato in varie fabbriche, fino alla Fiat. Contemporaneamente ha iniziato a militare nel Pci, nel Pds, nei DS, è diventato rappresentante di tutte le fabbriche del torinese. Nel 1996 è stato eletto in Parlamento, ha fatto 3 legislature. Dal 2008 è tornato a Nichelino, nel torinese, dove fa di nuovo il militante, oltre che il nonno.
La festa dell’Unità di Fiesole non si fa dopo 73 anni. Perché si fa così fatica a trovare oggi i volontari?
«Manca il senso di appartenenza al partito. Non c’è il vincolo che c’era una volta».
Perché?
«Intanto i volontari venivano quasi tutti dal mondo del lavoro, che per anni si è sentito trascurato dal partito. Le feste dell’Unità erano figlie di quel mondo. Una volta che si è allentato quel vincolo, è chiaro che ne hanno risentito anche le feste. L’errore è aver pensato che gli operai non potessero fare altro che votare la sinistra. Invece non è così».
Le feste sono in crisi perché gli operai non si riconoscono più nel Pd?
«Non solo, ma anche. I lavoratori hanno sofferto alcuni provvedimenti che abbiamo fatto, si sono sentiti abbandonati. Ora si sta cercando di recuperare. Il referendum sul jobs act è stato un segno di attenzione. Ma non basta».
Che differenza c’è tra le feste di oggi e quelle di una volta quale sarebbe?
«La mia prima festa è stata cinquant’anni fa. Non era la festa del partito, ma della città, di tutti. Venivano anche i non iscritti, incontravi anche gli avversari. Ora ci vengono solo i simpatizzanti».
Non si trovano volontari giovani. Perché?
«Quando ero ragazzo e facevo l’operaio, avevo il sogno della classe operaia che va in Paradiso. La festa era un po’ il Paradiso, era l’amore per il partito. Oggi è cambiato tutto. I ragazzi fanno mille mestieri, sono precari. Ma soprattutto non hanno più quel sogno. La mancanza di volontari riguarda la vita del partito in generale. Ci sono ancora eccezioni positive. Da noi a Nichelino, per esempio, abbiamo fatto una festa splendida: c’erano 50-60 volontari ogni sera. Ma perché è una città operaia. I posti che non hanno una forte identità fanno più fatica. Se non credi a un progetto, a un’idea, non dai il tuo tempo... Io sognavo di cambiare questo Paese, sapevo che sarei stato meglio di mio padre. La festa dell’Unità era quella cosa per cui andavamo a dire a tutti: “Venite che non si mangia solo, ma si sogna”.
Oggi quel sogno si è spento».
Non è un male che siano finite le idologie. «Sì, mala gente ha ancora bisogno di sognare un domani che superi la difficoltà di arrivare alle fine del mese. Non bastano le parole. Vogliono sapere se la loro vita può cambiare in meglio. Noi per anni gli abbiamo detto: “Vedrete che con queste nostre riforme, starete meglio”. E invece non è stato così. Poi è naturale che la gente non ti vota e non fa il volontario. Non gliene frega niente di quello che eravamo. Gli devi promettere qualcosa per il loro futuro. Ai vertici del Partito democratico, a tutti i livelli, non c’è un solo operaio. Ma dico: è possibile?».
Però bisogna riconoscere che Elly Schlein, la segretaria del Partito, è tornata davanti a decine di fabbriche.
«Bene, ma non basta. Anzi per chi esce da quei cancelli, è quasi uno schiaffo, se poi non sei conseguente e fai battaglie forti».