Giuseppe Cruciani ha colto prima di altri quello che si muove nella pancia del Paese

Esce in questi giorni il nuovo libro del conduttore radiofonico, il cui sottotitolo dice tutto: prevale una sacrosanta invettiva contro il politicamente corretto
di Daniele Capezzonemartedì 1 luglio 2025
Giuseppe Cruciani ha colto prima di altri quello che si muove nella pancia del Paese
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Me le immagino le risate. Anzi, molto peggio: le risatine. Risatine che scatterebbero inesorabili se dicessi quello che veramente penso di Giuseppe Cruciani. E allora sai cosa c’è di nuovo? Lo scrivo subito qui: Giuseppe Cruciani (che da ora chiamerò “il Cruciani”, come si fa per gli autori e i testi di un certo rilievo) è uno dei maggiori intellettuali italiani viventi. Ecco dunque conclamato – diranno alcuni – il rincoglionimento di Capezzone. Probabile: probabile che lo dicano, e probabile che il rincoglionimento sia effettivamente in atto. Ma – ecco il punto – il Cruciani ha colto quello che altri non hanno capito, l’ha fatto prima, l’ha fatto meglio. Ha sondato il paese come e più di un istituto demoscopico. L’ha interpretato meglio di un sociologo. Non so che attrezzi abbia usato: se sofisticati protocolli psicologici o – più probabilmente – un orrido sondino per scavare nelle profondità gastriche di tutti noi. Ma l’ha fatto. E da anni ci fa vedere e sentire i referti. E anche i reperti, non di rado abbastanza disgustosi, di questa esplorazione.

Esce in questi giorni un suo nuovo libro (“Ipocriti!”), il cui sottotitolo dice tutto: “Dal linguaggio inclusivo all’occupazione Rai, dall’ossessione fascista al delirio femminista, dal perbenismo sinistroide al falso bigottismo”. Prevale – come si vede – una sacrosanta invettiva contro il politicamente corretto e i suoi chierichetti, contro il costante doppio standard di chi predica in un modo e razzola in un altro, di chi dà lezioni di moralità dopo averne fatte di tutti i colori. In una parola: contro l’insopportabilità del progressista medio e medio-alto. E fin qui siamo al “best of” del repertorio del Cruciani. Cose ben dette e ben scritte che – più o meno– gli abbiamo già sentito dire, e che fa indubbiamente piacere vedere fissate nero su bianco. Ma, a ben vedere, i protagonisti di questo libro siamo tutti noi, incazzati e infastiditi come lui – come il Cruciani – per questi imam del progressismo, per questi spacciatori di correttezza, per questi ambulanti giudici della nostra moralità. Che costoro siano insopportabili, lo sapevamo e lo sappiamo. Che cosa ci dice il Cruciani? Che – prendiamola con una vecchia frase di sinistra – “ribellarsi è giusto”, che il nostro “vaffa” è sano e liberatorio, che possiamo far saltare i nostri freni inibitori nel dire che siamo stanchi di sentire appiccicose puttanate moraleggianti.
A qualcuno resterà una serie di interrogativi.

Ma in tutto questo il Cruciani ci marcia e ci sguazza? Forse sì. È un gran paraculo a sua volta? Può darsi. Lui stesso non si preoccupa abbastanza di dare uno sbocco compiutamente liberale all’incazzatura delle persone? Verosimile pure questo. Ma non ha alcun senso spaccare il capello in quattro. Quello che conta è che lui – il Cruciani – la diagnosi l’ha fatta giusta. E ha messo davanti a noi un microfono e uno specchio. Il microfono ci serve per urlare la nostra solenne arrabbiatura contro i maestrini progressisti. Lo specchio ci dovrebbe servire per tenerci d’occhio ed evitare – prendendoci troppo sul serio – di diventare come loro. Leggetevi il libro, non vi deluderà.

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