Se vi sentite orfani dei grandi romanzi di Salgari, e provate nostalgia per i pomeriggi passati, da ragazzi, calati nell’atmosfera avventurosa ed esotica dei mari e della giungla della Malesia, fra pirati sprezzanti del pericolo e giovani donne da salvare, Il sole dei secoli di Vito Franchini (Giunti, 488 pagine, 17, 90 euro), è il libro che fa per voi. Da leggersi in spiaggia, sotto l’ombrellone, o nelle pause digestive in montagna, fra un robusto pasto a base di polenta taragna e una passeggiata per sentieri, oppure a casa, assistiti amorosamente dalla combo perfetta condizionatore-ventilatore, Il sole dei secoli ci trasporta in un lungo viaggio dall’Africa del XVIII secolo all’Europa, e poi ancora in Africa, da Città del Capo sino al Madagascar. Protagonista è Madhat Suburban, già al centro del precedente romanzo di Franchini, Tigre d’Africa (Giunti 2023), anche se Il sole dei secoli si può tranquillamente leggere come storia autonoma.
Il giovane Madhat è il nipote del leggendario Capitan Suburban, navigatore di provata esperienza, il quale, disgustato da una società avida e violenta, che praticava lo schiavismo su larga scala, aveva fondato, in un luogo remoto, protetto dalla natura meglio che dalle mura di una fortezza, Shasmahal, la città ideale, senza distinzioni di razza, religione, lingua: un luogo meraviglioso e avveniristico per l’inizio del XVIII secolo, in cui tutti hanno gli stessi diritti, si parlano più lingue (arabo, inglese, italiano) tutte equiparate fra loro, i bambini vengono educati con uguale cura nel corpo e nello spirito, e non esiste cupidigia perché, banalmente, non si usa il denaro, e persino le ricchezze favolose accumulate dal fondatore e dalla sua ciurma, all’atto di fondazione di Shasmahal, sono state sepolte.
L’ultimo giorno di un moderno Caronte
Un giorno di novembre, Nils Vik si alza dal letto all’alba, come è solito fare tutti i giorni, si lava, ves...Ma ogni sogno ha vita breve, e in Tigre d’Africa Franchini ci raccontava la discesa agli inferi di Madhat, dopo che la sua città viene attaccata da criminali senza scrupoli, capeggiati da quell’avanzo di galera di Jacob Schuzehell. Il ragazzo viene dunque costretto a esibirsi come moderno gladiatore in scontri all’ultimo sangue organizzati al Circus di Città del Capo, un’arena che rappresenta solo uno dei numerosi investimenti di Big John, loschissimo e ricchissimo individuo dal passato misterioso. Dai combattimenti, Madhat emerge sempre vincitore, tanto da meritare appunto il soprannome di “Tigre d’Africa” e sino a riconquistare la libertà: e Il sole dei secoli ce lo mostra, appunto, libero, mentre esercita la sua attività di armatore con la sua nave, la Wings, insieme a Iboue, detto il “Gigante”, altro letale gladiatore conosciuto nel primo volume di Franchini. La prima impresa che ci viene raccontata nel Sole dei Secoli è l’arrembaggio a una nave che trasporta un ben triste carico umano: schiavi, destinati a una vita di lavoro massacrante e stenti, quando non a morire nel corso del trasporto, date le condizioni bestiali in cui sono stipati: Madhat li libererà tutti, compresa la schiava personale del comandante, la bellissima Keisha, dal sorriso angelico; tuttavia, presto sarà colto da qualche dubbio sulla effettiva identità della ragazza, ritrovata, spaurita come un topolino, nella cabina del capitano. Ma Madhat non ha troppo tempo per rifletterci su, perché travolto da altre incombenze: per prima cosa, i tentativi di recuperare l’amore della donna del suo cuore, Lana, madre del suo primogenito, che si è allontanata da lui e alla quale il giovane scrive lunghissime lettere che restano senza risposta.
C’è poi un altro spinoso problema: prima di partire per l’Inghilterra, alla ricerca dei parenti della madre, Madhat scopre di essere, involontariamente, diventato protagonista di un best seller: nei salotti più esclusivi di Città del Capo non si fa che parlare di Shasmahal, la città meravigliosa, romanzo che narra la storia dell’utopia creata dal nonno di Madhat, nonché le fasi del suo assedio, e che esalta la figura del giovane. Anche in Inghilterra il libro è diventato un caso editoriale e Madhat potrebbe facilmente passare per l’autore, dato che si tratta del protagonista e che i fatti in cui è stato implicato sono narrati con precisione assoluta. Eppure, Madhat non ha messo mano alla stesura: e allora chi l’autore? Ed ecco che, dalle nebbie del passato emerge nientemeno che Eribert Shuzehell, il figlio di Jacob, l’uomo che aveva messo fine al sogno della città perfetta.
Per colmo di improntitudine, Eribert cerca anche di farsi passare per Madhat presso i parenti materni, anche perché sono ricchissimi, e una fetta di eredità, per quanto truffaldinamente agguantata, fa sempre comodo. Ma farsi passare per la “Tigre d’Africa” ha i suoi rischi, ed Eribert lo scoprirà molto presto, mentre Madhat, con il cuore un po’ meno spezzato grazie all’incontro con una ragazza molto particolare, dovrà precipitarsi nuovamente in Africa, per cercare di salvare il figlio, rapito dai pirati, i quali chiedono un riscatto astronomico. Madhat non ha tutto quel denaro; e allora c’è solo un modo per racimolarlo: tornare a esibirsi un’ultima volta, nel Circus di Big John, in un combattimento per cui i biglietti vanno subito esauriti a prezzi astronomici, l’evento per eccellenza di cui proprio nessuno, al di sotto del Corno d’Africa, può essere all’oscuro. Ma attenzione, perché, come ci ricorda Vito Franchini, «la tigre è un predatore superbo. Non fa prigionieri. Non perdona». Buona lettura; e, dopo Il sole dei secoli, vi consiglio caldamente i thriller di Vito Franchini: Il predatore di anime; Il Nove che uccide; Il prezzo della purezza (tutti Giunti). Unica controindicazione: resterete incollati alla sedia per arrivare alla fine.