Renato Curcio. Il fondatore delle Brigate rosse. L’ex terrorista rosso. Mai pentito né dissociato. Oggi intellettuale e saggista per ripulirsi la coscienza. Colui che a curriculum vanta 28 annidi reclusione (24 scontati, di cui 20 in galera e quattro in regime di semilibertà) per essere stato il mandante dell’assalto alla sede del Movimento Sociale Italiano di Padova del ‘74 in cui morirono i due militanti missini Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci, per aver costituito e orchestrato un’associazione sovversiva, per banda armata ed evasione. Curcio, di recente, è stato pure rinviato a giudizio per il sequestro di Vittorio Vallarino Gancia del ‘75. Nello scontro a fuoco che seguì l’irruzione dei carabinieri a Cascina Spiotta, dove era tenuto prigioniero l’imprenditore del vino, morì l’appuntato Giovanni D’Alfonso.
Ecco, il guru dell’estremismo sanguinario di sinistra, domani sera farà capolino a Milano, in un immobile di proprietà del Comune gentilmente concesso due anni fa al centro sociale Lambretta senza alcun bando pubblico.
Assegnazione diretta: Pd e compagni hanno premiato così gli antagonisti dopo cinque occupazioni abusive in undici anni. Ed ecco 380 metri quadrati di spazi, formalmente per attività di carattere sociale ma nella realtà un covo dove fare propaganda politica contro le forze dell’ordine e a favore dell’immigrazione più sfrenata. Va da sé che un fu terrorista lì dentro possa solo sguazzarci. Curcio sarà ospite per presentare il libro scritto con Paolo Bellati, intitolato “Neanche un filo d’erba”, nel quale sostanzialmente si critica il sistema delle carceri minorili proponendo un’alternativa rivoluzionaria. Quale?
Il loro superamento. Ladri, spacciatori, stupratori: liberi tutti. A moderare ci sarà Carlotta Cossutta, nipote di Armando, prima presidente di Rifondazione comunista e poi segretario del Partito dei comunisti italiani. Dopo il dibattito una bella cena benefit: e indovinate un po’ a cosa sarà destinato il ricavato? Al pagamento delle spese legali dei compagni che hanno devastato la stazione Centrale il 22 settembre scorso, in occasione dello sciopero generale per Gaza. Quattro dei fermati, poi subito rilasciati, erano infatti militanti del Lambretta. A questi “bravi ragazzi” la giunta Sala ha regalato uno dei suoi immobili e lo stesso punta a fare coi fratelli maggiori del Leoncavallo, a dimostrazione della contiguità esistente tra la sinistra attuale e la galassia antagonista più radicale.
Quelli del Lambretta sono gli stessi che assaltarono la polizia nel marzo del 2024 per contestare una fiaccolata securitaria organizzata dalla Lega nel multietnico quadrante di via Padova. Stasera, sempre nello stesso centro sociale, sarà presentato “La periferia ci guarda con odio. Come nasce la fobia dei maranza”, volume scritto da Gabriel Seroussi, giornalista esperto di “rap, sottoculture e comunità marginalizzate”. A seguire un’altra raccolta fondi, questa volta per Ramy e Fares, per i quali si continua a chiedere “verità e giustizia” nonostante le perizie della procura abbiano definito la correttezza dell’inseguimento dei carabinieri. Ma, si sa, da queste parti le divise sono disprezzate. Renato Curcio diventa quindi la ciliegina su una torta avvelenata che Milano, la città che più di tutte ha dovuto fare i conti col terrorismo rosso, non può digerire. Uno sfregio che diventa ancor più inaccettabile perché si materializza tra quattro mura pubbliche, dunque di tutti i cittadini, nel silenzio di chi amministra la città, a partire dal sindaco Beppe Sala. Gli concediamo il beneficio del dubbio: potrebbe non saperne nulla. Ma ora lo sa, dunque intervenga.