Il 2 e il 3 aprile ci saranno le elezioni in Friuli-Venezia Giulia. Nel 2018 Massimiliano Fedriga prese il 57% dei voti, ma Fdi non andò oltre il 5,5%. Da allora sono cambiate molte cose. Il pordenonese Luca Ciriani, senatore di Fdi e ministro per i Rapporti con il Parlamento, non nasconde l’ottimismo: «Il 25 settembre in Friuli siamo stati il primo partito e speriamo di poterlo confermare».
Il Pd si presenta alleato con i Cinque Stelle ed è passato sotto la guida di Elly Schlein. Non crede che questo possa complicarvi le cose?
«Non so se ci sarà un “effetto Schlein”, ma so che qui il centrosinistra ha completamente disertato questa campagna elettorale. Il loro candidato governatore, Massimo Moretuzzo, che peraltro non è espressione del Pd, ma di una lista civica autonomista, è stato abbandonato al suo destino. Solo negli ultimi giorni si è fatto vedere qualcuno: ma senza la minima organizzazione, senza il minimo entusiasmo. Non c’è un manifesto o una foto dei big nazionali assieme a lui. Io lo rispetto, mi pare anche una brava persona, ma dà proprio la sensazione di essere stato mandato allo sbaraglio».
Buon per voi. Lei come se lo spiega?
«Non so se è per paura del risultato, per disinteresse della nostra regione o per ambedue le cose. In ogni caso, mi sembra una situazione sotto gli occhi di tutti».
A Roma le cose sono meno facili. Nelle ultime settimane il governo ha dato l’impressione di giocare di rimessa: sulla tragedia di Cutro, sulla protesta di Alfredo Cospito, sulla lettera della preside fiorentina... Chi ha votato per il centrodestra si aspetta che l’azione riformatrice del governo cominci quanto prima.
«A me la situazione pare assai diversa da come la descrive lei. In cinque mesi abbiamo messo la faccia su molti provvedimenti. La riforma delle autonomie, la delega fiscale, il decreto di Cutro, che dà un indirizzo forte e preciso sull’immigrazione: sì a quella regolare, contrasto a quella degli scafisti.... Potrei aggiungere la battaglia per l’ergastolo ostativo, che è stato il nostro primo provvedimento e ha scatenato la protesta di Cospito. Non abbiamo certo giocato di rimessa sulla questione del Superbonus, un problema ereditato dai passati governi che abbiamo affrontato con determinazione. Stiamo anche facendo sentire la nostra voce in Europa: ci siamo battuti per calmierare il prezzo del gas, ma anche contro lo stop totale alle auto termiche nel 2035».
Non state parlando della riforma della Costituzione: né per introdurre l’elezione diretta del presidente della Repubblica, né per separare le carriere dei magistrati.
«In questo momento il calendario del Parlamento è piuttosto ingolfato e la riforma dell’architrave costituzionale non è una cosa che può essere fatta in fretta e con superficialità. La ministra Casellati si è data l’obiettivo di presentare un testo di riforma entro l’estate, lasciamola lavorare».
È chiaro che dal partito di Elly Schlein non avrete alcuna collaborazione per queste riforme. Andrete avanti lo stesso, anche senza il Pd?
«Da come si comporterà con le riforme si capirà di che pasta è fatta la nuova segretaria del Pd. Spero che il suo nuovo corso non consista nel fare muro contro muro su ogni proposta. Lo dico per la riforma della Costituzione e anche per l’autonomia differenziata, il cui iter sta per iniziare in Senato».
Vi aspettate collaborazione dal Pd sull’autonomia?
«Negli anni passati, sull’autonomia, dagli amministratori del centrosinistra erano giunte grandi richieste e aperture, e il primo a farle era stato Stefano Bonaccini. Non vorrei che tra le conseguenze della sua sconfitta ci sia anche l’affondamento di ogni possibile dialogo su questo tema. Mi spiacerebbe se a sinistra prevalesse il richiamo della foresta...».
Pare proprio che prevalga, invece. Che farete?
«Sarebbe un cambio di linea clamoroso e strumentale, anche perché la Schlein era la vice di Bonaccini in Emilia-Romagna. I governatori di centrosinistra hanno avuto un ruolo molto importante nelle definizione del percorso adottato e adesso sembrano dimenticarsene, inventandosi motivi per opporsi alle cose che chiedevano sino all’altro giorno. In ogni caso, noi andiamo avanti. Sono passati cinque anni dai famosi referendum, è il momento di passare dalle parole ai fatti».
Anche sulla legge per rendere l’affitto dell’utero un reato universale cercate l’intesa con l’opposizione?
«Credo che un’intesa trasversale sia possibile. Leggo dichiarazioni di principio molto nette da parte di Carlo Calenda, Stefano Bonaccini e larga parte del mondo cattolico di sinistra. Bene. Il nostro principio è che i bambini non si possono affittare né comprare e che non si possono sfruttare le donne in difficoltà. I bambini devono avere il diritto di chiamare “mamma” la loro madre naturale e la mercificazione del corpo della donna è intollerabile. E qui c’è un corto circuito evidente in cui la sinistra casca».
Qual è questo corto circuito?
«Le leggi della natura sono molto chiare e non sono di destra né di sinistra: se si è contro l’utero in affitto, non si può contestualmente difendere o rivendicare il diritto per le coppie omosessuali maschili di avere figli propri».
La Commissione europea vi fa sapere che esiste «l’obbligo di riconoscere la filiazione di un minore con genitori dello stesso sesso». Cosa rispondete?
«Rispondiamo che i bambini devono rimanere fuori dalle discussioni ideologiche e che in Italia sono garantiti tutti i diritti di tutti i bambini: all’istruzione, alla salute e al resto. Il problema politico vero è l’utero in affitto, e lo risolveremo».
Lei ha detto che servono «aggiustamenti tecnici» alla legge Bossi-Fini sull’immigrazione. A quali interventi state pensando?
«È una legge vecchia di vent’anni, è il momento di rivederla integralmente, cosa che non si può fare con un semplice decreto. Da un lato, l’immigrazione che affrontiamo adesso è drammaticamente più grave di quella di allora. C’è la siccità, c’è la Tunisia che sta per scoppiare, c’è stato il terremoto in Turchia e in Siria, c’è l’uso che alcune potenze stanno facendo delle masse di profughi dirette verso l’Europa...
Dall’altro lato, nessun Paese europeo garantisce i tre livelli d’accoglienza previsti dall’Italia».
Si riferisce al permesso di soggiorno per protezione speciale, introdotto da Luciana Lamorgese?
«Certo. È una protezione nata per garantire gli immigrati che fuggono da persecuzioni politiche o sessuali o di altro tipo personale, ma è diventata il grimaldello per fare entrare in Italia chiunque. Non c’è alcuna controprova rispetto a quanto sostiene l’immigrato e si finisce per non poter espellere più nessuno. Su questo dovremo ragionare in modo approfondito».
Che si aspetta dall’Anpi e dalle altre sigle di sinistra per il 25 aprile?
«Mi aspetto che capiscano che la guerra civile è finita tanti anni fa e che tutti ci riconosciamo sotto la bandiera italiana. La destra ha detto parole nette, chiare e definitive sul fascismo, sul nazismo e sulla guerra. Mi ha molto colpito e dispiaciuto che al congresso della Cgil, nel quale con grande civiltà è stata data la parola al presidente Meloni, qualcuno, per dimostrare la propria contrarietà al governo, abbia cantato “Bella ciao”. Come se quella canzone, con ciò che rappresenta, fosse un oggetto contundente da lanciare contro il governo. Una parte della sinistra, spero minoritaria, vive ancora l’anniversario della liberazione come se fosse una sua proprietà personale. Se vogliamo andare avanti, dobbiamo lasciarci alle spalle le divisioni del passato».