I magistrati francesi sono più comunisti perfino di quelli comunisti italiani. Altra chiave di lettura non dà la sentenza della Cassazione parigina con la quale un tribunale d’Oltralpe ci ha negato ancora una volta l’estradizione di dieci terroristi rossi nostrani degli anni di piombo. Parliamo anche di assassini conclamati. E stavolta non possiamo dare neppure colpa all’Eliseo, perché il presidente Macron aveva appoggiato la richiesta del governo italiano, smentendo quarant’anni e passa di dottrina Mitterand, in base alla quale per i governanti francesi la nostra giustizia equivaleva a quella dei talebani o della Santa Inquisizione. Stavolta avevamo la politica francese dalla nostra parte, almeno formalmente, ma non è bastato. Ciò che è raggelante ancora più del verdetto sono le motivazioni sulle quali si regge. La Francia ci nega l’estradizione perché i terroristi non hanno avuto un giusto processo, essendo stati giudicati in latitanza. E poi, altra argomentazione, ormai sono espatriati da decenni, hanno messo su famiglia e si sono anche comportati bene. Capirai, sono terroristi ma non così idioti da mettersi a violare le leggi del Paese che gli dà copertura e rischiare di essere messi alla porta.
Quanto alla prima argomentazione, è evidente che i criminali sono stati giudicati in latitanza non per colpa dell’Italia ma della Francia, che ha consentito loro di fare la bella vita anziché consegnarceli, cosa che avrebbe garantito loro un processo con tutti i diritti della difesa. Parigi, che ha tolto la pena di morte solo nel 1977, molti anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, e resta la patria del caso Dreyfuss, la condanna di un ufficiale dell’esercito per tradimento solo in quanto ebreo, non è più garantista di Roma con i suoi criminali; quando poi essi sfidano lo Stato è addirittura spietata.